Facilitare l’apprendimento negli adulti in Sanità

Facilitare l’apprendimento negli adulti in Sanità

3 – 4  Aprile 2024

Gemelli Training Center – Roma

250 € (+IVA)

25 Crediti ECM

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La poco conosciuta arte di “insegnare” agli adulti

Ancora oggi la consapevolezza profonda dei bisogni degli adulti che si formano è scarsa e superficiale; troppo spesso le iniziative educative destinate a professionisti mutuano stili e metodi di tipo pedagogico. L’adulto che cerca o subisce la formazione vuole essere coinvolto in prima persona, chiede il rispetto dei bisogni primari, pretende onestà e direttività, vuole valorizzare le sue precedenti esperienze, si aspetta una valutazione onesta non giudicante e curiosa. I formatori, gli insegnanti, gli istruttori, gli educatori troppo spesso ignorano o conoscono poco tali bisogni, teorizzati e diffusi da Malcon Knowles.

Cosa succede nel corso

Nella prima sessione si analizzano le basi teoriche dell’andragogia, la scienza dell’apprendimento degli adulti, i principi di base della comunicazione efficace e la struttura universale delle sessioni didattiche. Nella seconda sessione si prende consapevolezza delle caratteristiche della buona lezione frontale e ci si esercita ad effettuare una minilezione ricevendone feedback. Nella terza sessione si praticano le tecniche per addestrare alle abilità pratiche e manuali e lediscussioni in piccoli gruppi. Nella quarta sessione si esplorano i livelli di consapevolezza che i formatori possono utilizzare e i vantaggi e limiti dell’utilizzo delle tecnologie avanzate. Nella quinta sessione si approfondisce il tema della valutazione e delle verifiche.

Che metodi didattici vengono utilizzati

Nel rispetto dei principi dell’andragogia iI modello didattico è di tipo facilitazione/interazione.  Sulla base delle disponibilità, le mini-performance sono filmate per consentire il feedback video assistito.

Alla fine del corso si sarà in grado di:

  • conoscere i principi della formazione e dell’apprendimento negli adulti
  • conoscere, praticare e poter utilizzare efficacemente le tecniche didattiche
  • migliorare i livelli di auto consapevolezza in ambito formativo
  • migliorare la comunicazione in ambito formativo

Apprendimento o insegnamento ?

La parola russa ”obuchenie” può significare “insegnare”, “imparare” o avere entrambi i significati. In questo caso la semantica è perfettamente allineata con la fondamentale idea secondo la quale l’insegnamento e l’apprendimento sono due processi intimamente legati tra loro, anzi complementari. Ma solo recentemente si presta attenzione a  questo concetto, trascurato negli ultimi cento anni sia dagli insegnanti che dai ricercatori.  Se si analizzano i programmi didattici più diffusi ci si accorge, infatti, che essi sono improntati più su quello che gli insegnanti fanno durante la lezione che su quello che gli studenti ci si aspetta che imparino o facciano.

In genere i docenti cercano di migliorare il loro modo di insegnare interagendo con gli studenti, migliorando le loro capacità comunicative, sfruttando le più recenti tecnologie in campo di audiovisivi. Quello che in genere non fanno è cercare di capire come le persone imparano. Se lo scopo dell’insegnamento è aiutare gli studenti a imparare, gli insegnanti devono sapere come le persone imparano.

Teorie dell’apprendimento: comportamentismo

All’inizio del secolo scorso i comportamentisti, studiando gli animali, suggerivano che il comportamento è determinato dalle sue conseguenze: “Il pensiero dell’uomo è il comportamento dell’uomo”, “Quando studiamo il pensiero studiamo il comportamento”.

Queste affermazioni di Skinner sintetizzano il nocciolo del comportamentismo, la prima teoria di riferimento delle tecnologie didattiche. Il comportamentismo nasce dalle ricerche sul condizionamento del comportamento animale (Stimolo-risposta) e nella sua parte più severa e rigorosa, sostiene che occorre abbandonare tutti i concetti classici  della psicologia come il concetto di pensiero, intenzione, desiderio, volontà, intuizione etc, perché sono concetti metafisici, non esaminabili con metodi scientifici. Il comportamento è l’unico oggetto vero della psicologia in quanto è ciò che è osservabile, a differenza della mente e della psiche che non sono osservabili. Per studiare il comportamento, occorre osservare gli stimoli che l’organismo riceve e le risposte. Ciò che c’è nel mezzo non è importante. Abbiamo quindi un sistema in cui c’è un’entità non analizzata che sta in mezzo all’input e all’output. L’input è ciò che il sistema riceve, cioè lo stimolo, mentre l’output è ciò che si osserva, cioè la risposta.

Fornendo un immediato riscontro, non importa se positivo o negativo, si induce il discente a comportarsi in un certo modo; se il rinforzo e il riscontro sono positivi, cioè le conseguenze di un comportamento sono piacevoli, il discente ripeterà il comportamento desiderato; al contrario un riscontro negativo impedirà il ripetersi di un certo comportamento.

Si pensi ad un topo in una gabbietta che ha fame e che si agita ed esplora (come è il comportamento normale dei topi) e che in questa esplorazione spinge una levetta. Allo spingere di questa leva esce del cibo. Il topo in un breve numero di prove (e così anche altri animali) impara, quando ha fame, a spingere la leva per ottenere il cibo. Sulla base di questi modelli di apprendimento e di condizionamento, basati sull’idea che c’è una associazione tra stimoli e risposte o tra comportamenti e risultati, si supponeva che si potesse fare teoria anche delle funzioni superiori dell’uomo, come l’apprendimento.

Teorie dell’apprendimento: cognitivismo

Critiche  alle teorie comportamentiste,  vennero successivamente da chi poneva attenzione sull’analisi dei processi conoscitivi e sullo studio delle possibili forme di rappresentazione delle conoscenze che la nostra mente è capace di operare.

Si tentava cioè di porre l’attenzione anche ai processi interni, postulando che l’apprendimento cambia in base alle capacità e alle conoscenze dei diversi studenti e in risposta ad una serie enorme di altre cause.

Queste critiche permisero il passaggio ad un approccio alla psicologia dell’apprendimento detto cognitivista radicalmente opposto a quello skinneriano. Infatti si mette con forza l’accento sui processi interni e si suggerisce di tener conto dei fattori cognitivi che favoriscono il raggiungimento degli obiettivi didattici e non soltanto gli obiettivi stessi.

In questo caso viene enfatizzata l’importanza dell’esperienza, dei significati, della risoluzione dei problemi e dello sviluppo della interiorità; gli individui hanno necessità differenti i problemi differenti in tempi diversi e possono sviluppare interpretazioni soggettive in contesti differenti.

Teorie dell’apprendimento: facilitazione (umanista)

Carl Rogers, psicologo statunitense fondatore della terapia non direttiva e noto in tutto il mondo per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all’interno della corrente umanistica, elaborò la teoria della facilitazione nell’apprendimento (o umanista). Il fondamento di tale teoria è che l’apprendimento si verifica se il docente agisce come facilitatore ossia stabilendo un’atmosfera in cui il discente si sente a proprio agio nel considerare nuove idee e non si sente minacciato da nessun altro fattore. Altri punti essenziali della teoria della facilitazione sono:

  • la consapevolezza dell’essere umano ha una naturale propensione all’apprendimento
  • l’apprendimento più significativo comporta un cambiamento del concetto di se stessi

I docenti che facilitano hanno, a loro volta, alcune importanti caratteristiche:

  • non proteggono ad oltranza le loro idee e sono più disponibili dei docenti tradizionali a modificare il loro comportamento
  • sono in grado di ascoltare discenti e le loro emozioni
  • rivolgono altrettanta attenzione al rapporto con il discenti di quanta ne rivolgono al contenuto del programma di formazione
  • accettano il riscontro, sia positivo che negativo, e lo usano in modo costruttivo per aumentare la consapevolezza dei loro stessi e del loro comportamento

I discenti che si trovano in tale ambiente di apprendimento sono incoraggiati a prendersi la responsabilità del proprio apprendimento, ritengono che la autovalutazione sia un aspetto fondamentale, focalizzano la loro attenzione sui fattori che contribuiscono alla risoluzione di problemi e alla raggiungimento dei risultati.

Come imparano gli adulti ?

Tra i fattori specifici della persona che apprende, sono fondamentali quelli particolari derivanti dall’età adulta.

Il bisogno di conoscere. Gli adulti sentono l’esigenza di sapere perchè occorre apprendere qualcosa, prima d’intraprendere l’apprendimento. Tough (1979) ha scoperto che quando gli adulti iniziano ad apprendere qualcosa per conto loro investono una considerevole energia nell’esaminare i vantaggi che trarranno dall’apprendimento.

Il concetto di sé. Gli adulti hanno un concetto di se come persone responsabili delle loro decisioni. Una volta raggiunto questo stadio, desiderano essere trattati e considerati come persone capaci di gestirsi autonomamente. Sono generalmente abituati a definire i loro obiettivi e a decidere le modalità per raggiungerli. Se pensano che altri stiano cercando di imporre loro la propria volontà, la respingono; nel momento in cui si trovano ad affrontare un’attività etichettata come “formazione” tornano al condizionamento ricevuto nelle loro precedenti esperienze scolastiche: incrociano le braccia, si siedono e dicono: “Insegnatemi, se siete capaci”.

Il ruolo dell’esperienza. Gli adulti hanno esperienze di formazione con un vissuto personale maggiore delle persone più giovani perché hanno accumulato più esperienze. Essi posseggono già conoscenze ed esperienze, nonché abilità e capacità pratiche e attitudini personali già stabilite. Questi elementi influenzeranno il loro modo di imparare perché normalmente gli adulti applicano quello che già conoscono quando si cimentano con qualcosa di nuovo.

La disponibilità ad apprendere. Gli adulti sono disponibili ad apprendere ciò che hanno bisogno di sapere e saper fare per far fronte alle situazioni della loro vita reale.

L’orientamento verso l’apprendimento. In contrasto con l’orientamento centrato sulle materie, caratteristico dei bambini, quello degli adulti e centrato sulla vita reale.

La motivazione. E’ errato pensare che gli adulti si rendano disponibili alla formazione per un lavoro migliore, promozioni e simili; le molle sono le pressioni interne: l’autostima, la qualità della vita, la soddisfazione sul lavoro. Da uno studio esteso condotto nel Regno Unito si è scoperto che esistono due principali modi di accostarsi all’apprendimento.  Un modo che potremmo definire “superficiale” improntato sulla conoscenza delle parole e sulla memorizzazione del materiale didattico. Un modo invece “profondo” basato sulla comprensione delle idee che sono dietro alle parole e sulla assimilazione totale del significato delle cose. Molto spesso la scelta tra i due tipi di studio è determinata dai metodi di insegnamento e di valutazione degli insegnanti. Ad esempio se l’insegnante si concentra nel fornire informazioni fattuali, lo studente capisce che deve ricordare i fatti e non deve pensare. All’atto dell’esame tale convincimento è rafforzato dalla richiesta di rigurgitare le informazioni memorizzate.

Al contrario se l’insegnamento stimola la riflessione e l’esame è basato sulla risoluzione di problemi, lo studente capisce che è necessario un approccio profondo e non superficiale. Assicurarsi che lo studente abbia l’opportunità di pensare da solo è quindi un compito primario del docente. Purtroppo molti discenti sembrano non in grado di ragionare o lavorare da soli; superano gli esami e guadagnano il titolo di studio soltanto ricordando informazioni. Porre l’accento sulla riflessione critica e sulla elaborazione profonda è essenziale non solo negli ambienti universitari ma anche per la formazione permanente. Pensare “in modo scientifico”  significa in ambito sanitario avere l’abilità di utilizzare il ragionamento deduttivo per passare dal generale al particolare e saper applicare concetti e principi per risolvere un problema nuovo.