i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

Ci piacerebbe tornare indietro ai bei vecchi tempi quando mamma ci cantava la ninna nanna: ora siamo stressati

Così recita la canzone Stressed Out dei Twenty One Pilots che è stata al secondo posto della Top 100 di Billboard per il 2015 e il video ha avuto più di 800.000.000 di visualizzazioni su YouTube. Una studentessa della Asbury University ha scritto che nella canzone “c’è scritto per filo e per segno quello che pensiamo…ci ha preso veramente”. Nel video, il cantante Tyler Joseph ha il collo e le mani dipinti di nero che definisce una metafora dello stress, una specie di senso di soffocamento. Vedere nero…depressione !

Chi sono gli i-Gen ?

I” sta per Internet e “Gen” sta per Generation. I nati tra il 1995 e il 2012 sono cresciuti con il cellulare in mano, sono su Instagram da quando andavano alle scuole medie e non hanno ricordi di un mondo senza Internet. Il potere assoluto che lo smartphone ha su questa generazione ha delle conseguenze in ogni ambito della loro vita, dalle interazioni sociali alla salute mentale. Sono la prima generazione ad aver sempre avuto internet a portata di mano. Di fatto gli i-Gen sono gli adolescenti, i teenager. Questa generazione è modellata oltre che dal progresso tecnologico anche da altri fattori come in individualismo e l’ineguaglianza di reddito. Gli i-Gen si distinguono dalle generazioni precedenti per il loro modo di impiegare il tempo, per quello che pensano e come si comportano riguardo alla religione, sesso, alla politica. Socializzano in modo completamente nuovo, respingono tabù sociali un tempo inviolabili, hanno aspirazioni di vita completamente diverse. Sono ossessionati dal tema della sicurezza, sono molto preoccupati per il loro futuro economico e sono contrari a qualsiasi discriminazione sessuale, razziale, e di orientamento sessuale.

A questo si deve aggiungere purtroppo che sono anche in prima linea nella peggiore epidemia di disturbi psichici degli ultimi decenni che dal 2011 a oggi ha visto un incremento significativo sia dei casi di depressione che di quelli di suicidio tra gli adolescenti. Gli i-Gen costituiscono la più grave emergenza di salute psicologica giovanile degli ultimi decenni.

Tutto (non) è meraviglioso, la positività implacabile cede il passo

Internet e la società in generale promuovono oggi una positività senza pausa. I social media sono concentrati esclusivamente sui momenti felici, nei selfie tutti sorridono. Questa positività implacabile ha le sue origini in una tendenza già presente nelle generazioni precedenti basata sul crescente individualismo e le persone molto più concentrate su se stesse che sulle norme sociali. L’individualismo è dietro ai cambiamenti culturali fondamentali degli ultimi decenni sia quelli considerati positivi (l’affermazione dei pari diritti indipendentemente dalle etnie, dal genere e dall’orientamento sessuale) sia quelli considerati negativi come la convinzione che tutto sia dovuto. L’individualismo incoraggia a sentirsi soddisfatti di se stessi e non per quanto si dovrebbe ma al di là del legittimo. La visione positiva di se stessi è un marchio delle culture individualistiche che incoraggiano l’autopromozione e l’autostima. Questa marea individualista è montata negli anni 90,e nel 2000  la generazione precedente gli I-gen, cioè i nati tra il 1980 e il 1994 (I cosiddetti Millennial), ha rapidamente guadagnato la reputazione di una generazione troppo sicura e con aspettative troppo alte e irrealistiche causate dall’eccesso di autostima e dal narcisismo. Con gli i-Gen questa tendenza si è invertita e lo smisurato egocentrismo di certi Millennial cede il passo alle modeste aspettative degli iGen. Gli i-Gen sono meno felici e il crollo della soddisfazione di vita ha spazzato via in pochi anni oltre due decenni di ottimismo esasperato.

ipathology - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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FOMO (??): una nuova sindrome fobico-depressiva ?

Così gli iGen chiamano la sensazione di “stare perdendo qualcosa”: Fear Of Missing Out. Gli adolescenti una volta sapevano degli avvenimenti sociali dalle relazioni in presenza, a scuola, per sentito dire; ora possono vedere subito le immagini di quello che si stanno perdendo. Una vera propria ricetta per la solitudine.

Il paradosso consiste nel fatto che la comunicazione digitale permette di essere in contatto anche se fisicamente distanti: scambi continui di foto e messaggi, tutti sanno quello che si sta facendo, in tempo reale. Eppure gli iGen si sentono più soli delle generazioni precedenti: un vero e proprio paradosso del digitale: la percentuale di 13-14enni e 15-16enni che si sentono soli è aumentata del 31 % dal 2011 al 2015, un cambiamento colossale in appena 4 anni !! E nell’età del FOMO gli adolescenti si sentono più esclusi. Ma da cosa è causato tutto ciò ?

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Meccanismi dannosi legati alla comunicazione digitale

Con quali meccanismi i social media hanno un ruolo nell’insorgere di disturbi depressivi ? La maggioranza dei post pubblicati nei social riguarda successi e notizie positive; ciò causa un senso di inadeguatezza e di fallimento a causa della falsa percezione che gli amici in rete sono perfetti e non sbagliano mai. Questa falsa percezione sarebbe facilmente smantellata trascorrendo più tempo fisico con gli amici in modo da capire che tutti sbagliano e che tutti possono avere momenti negativi e infelici. “sei sempre lì a sentire le cose meravigliose che fa la gente in rete e ogni volta mi chiedo: e io cosa sto facendo ? Che cosa dovrei fare ? Sono alla loro altezza ?”

Un altro meccanismo è quello della delusione di non ricevere risposte immediate o abbastanza like. Lo stress di sapere che è il tuo messaggio è stato ricevuto e visto ma che non ottiene risposta: domande del tipo: “esisto ?”, “sono viva ?” si fanno avanti di fronte all’assenza di risposta.

Infine l’ossessione del selfie perfetto contagia ormai in modo diffuso soprattutto, ancora una volta, le ragazze; questa mania ha amplificato le alterazioni dell’immagine corporea di ragazze che a caccia di like scattano centinaia di foto prima di ottenere quella giusta ma alla fine sono comunque insoddisfatte.

iPathology: anche depressione maggiore e suicidio ?

L’aumento di sensazioni come la solitudine, la depressione e l’ansia è stato accompagnato anche da aumento della depressione diagnosticabile ed il suo esito estremo, il suicidio ? Lo studio Nazionale americano su abuso di droga e salute condotto dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, testimonia una sconvolgente impennata della depressione in un breve arco di tempo: gli adolescenti che hanno avuto un episodio depressivo maggiore nel 2015 sono aumentati del 56% rispetto al 2010.

E poiché la depressione maggiore, soprattutto nei casi gravi, è un fattore di rischio di suicidio, il tasso di suicidi tra gli adolescenti, dopo un calo alla fine degli anni 90, si è di nuovo alzato.

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iPathology: malattie da smartphone o ci sono altre cause ?

Cambiamenti così grandi e repentini devono avere una causa specifica dall’impatto notevole. La corrispondenza temporale tra iGen e uso di smartphone e social media è chiara. La comunicazione digitale causa solitudine e senso di esclusione o è vero il contrario, chi si sente solo usa di più smartphone e social media ? In realtà, il repentino aumento del senso di solitudine rende più probabile che l’uso dello smartphone abbia indotto l’aumento del senso di solitudine e di esclusione piuttosto che il contrario. Se la solitudine induce ad usare di più lo smartphone, l’improvviso aumento del senso di solitudine senza ragioni avrebbe causato un aumento parallelo della popolarità dello smartphone che non si è verificato. L’ipotesi più probabile, quindi, è che si sia verificato prima il successo degli smartphone, che a sua volta ha causato un aumento del tempo schermo, che a sua volta ha determinato una crescita del senso di solitudine tra gli adolescenti.

Un altro fattore che potrebbe aver avuto influenza sulla brusca impennata di depressione tra i teenager è la grande recessione degli anni 2007-2009. Ma, pur essendosi presentata all’improvviso, i tempi non coincidono; infatti, la disoccupazione, uno dei migliori indicatori degli effetti dell’economia sulle persone, ha raggiunto l’apice nel 2010 per poi diminuire: la depressione ha avuto un andamento opposto, rimanendo stabile fino al 2012 per poi aumentare. Al contrario, gli smartphone sono diventati, nello stesso periodo, sempre più popolari.

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L’incremento del senso di solitudine è stato particolarmente evidente nelle ragazze: le ragazze usano più spesso i social media E quindi hanno più occasioni di sentirsi escluse e sole quando vedono che amici e compagni di classe si incontrano senza di loro. Infine i social media sono un veicolo perfetto per le aggressioni verbali che le ragazze preferiscono. Le femmine corrono un rischio doppio rispetto ai maschi di subire cyberbullismo.

Negli ultimi anni il numero di adolescenti che concordano con la affermazione ”La mia vita non è utile” è aumentato in modo esponenziale; parallelamente è diminuito il consenso all’affermazione ”amo la vita come chiunque”. Come per il senso di solitudine e di esclusione, anche questi indicatori di depressione sono più comuni tra le ragazze che come sappiamo passano più tempo dei maschi sui social media.

Un altro fattore che potrebbe causare problemi di salute mentale tra gli adolescenti è la pressione scolastica. Un buon indicatore di pressione scolastica è il tempo usato per i compiti a casa: questo tempo non è molto cambiato rispetto ai decenni precedenti e gli studenti che dedicano più tempo ai compiti a casa hanno un rischio relativo di sintomi di depressione grave negativo.

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Per poter dire che l’aumento dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti è legato alla comunicazione digitale sono necessari due test: la causa deve essere correlabile in modo affidabile e sensato e il cambiamento deve essere avvenuto nello stesso lasso di tempo e nella direzione congruente. Le uniche tre attività che superano ampiamente entrambi i test sono:

  • tempo-schermo (correlazione positiva)
  • interazione sociale (correlazione negativa)
  • carta stampata (correlazione negativa)

Il tutto riporta in un modo o nell’altro al tempo trascorso davanti ad uno schermo con i nuovi media.

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Smartphone e sonno

Un ultimo sguardo allo schermo prima di dormire ? Non riuscire a staccarsi neanche di notte dallo smartphone, nasconderlo sotto le coperte per non essere ripresi dai genitori, dormire meno di sette ore per notte quando ce ne vorrebbero nove, alzarsi la mattina già stanchi.

Negli ultimi anni, la percentuale di adolescenti deprivati del sonno è cresciuta in modo esponenziale; anche questa volta in quasi perfetta concomitanza con l’aumento di popolarità e uso dello smartphone. E ancora una volta il tempo-schermo è direttamente correlato, più di altri fattori, al rischio di insonnia.

La carenza di sonno produce danni sia al corpo che alla mente e la depressione potrebbe riconoscere anche questa concausa.

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Che cosa si può fare ?

L’assenza di matematica certezza del nesso causale tra smartphone/social media e disagio psichico non autorizza a non prendersi cura del problema visto che gli iGen saranno tra pochissimo adulti inseriti nel mondo del lavoro e nella società.

Che cosa si può fare per limitare e danni senza svalutare o annullare i molti vantaggi che la digitalizzazione oggi comporta per tutti ?

Un primo importante passo è quello di rendere consapevoli del problema il maggior numero di persone possibili, di tutte le età, di tutti i livelli socio-economici. Probabilmente non sarà possibile e neanche giusto fare a meno di Google Maps per controllare il traffico sulla strada di casa, ma potrò evitare di controllare i like al mio ultimo post mentre raggiungo la mia auto al parcheggio sotto una pioggia battente ….

La depressione può essere una malattia terminale ?

La depressione può essere una malattia terminale ?

Un ingegnere di Albavilla (Como) affetto da “depressione” ha nei giorni scorsi utilizzato il suicidio assistito che è attualmente disponibile in Svizzera. La Procura di Como ha aperto un fascicolo per sospetto reato di istigazione al suicidio. La stampa non specializzata è ricca di report sull’argomento e si chiede se la “depressione” può essere considerata una malattia terminale assimilabile a quelle condizioni “compatibili” con una richiesta di eutanasia e di suicidio assistito.

Il problema è naturalmente particolarmente sentito per gli addetti ai lavori (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri) per i quali la “depressione” è tra delle condizioni di malessere psichico più frequenti e significative.

Chi scrive non è in grado di fornire una risposta definitiva e supportata da evidenze alla domanda che i media si pongono ma ritiene estremamente utile chiarire alcuni punti che la maggioranza, se non totalità, dei report on line ignorano.

Partiamo dalla presenza delle virgolette sulla parola depressione, utilizzate più di una volta in questo post. I disturbi depressivi includono una varietà di condizioni psichiche anche molto diverse tra loro con diagnosi, terapia e prognosi diverse. Le scienze psicologiche hanno negli anni rivisto la classificazione dei disturbi depressivi a testimonianza che non siamo completamente consapevoli dei meccanismi profondi che causano la depressione e, quindi, è molto probabile che il futuro ci riserverà sorprese piacevoli in termini di terapia e di prognosi. Le neuroscienze progrediscono a velocità impressionanti e sappiamo oggi cose che solo 10 anni fa erano considerate appartenere alla fantascienza. Non conosciamo la tipologia della depressione che affliggeva il paziente di Como; per certo il pensiero suicidario era presente facilitato dal sapere che si può essere aiutati a morire evitando l’estremo atto autodistruttivo da porre in atto in autonomia e in solitudine. E’ quindi evidente che si trattava di un paziente grave.

Altro punto che colpisce è la frequenza del disturbo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione colpisce 322 milioni di persone nel mondo e, quindi, è un’importante causa di disabilità planetaria, con un aumento del 18% di depressi stimato tra il 2005 e il 2015.

Altre ricerche epidemiologiche recenti mostrano che l’incidenza di stati depressivi è correlata anche con l’eventuale presenza di allergie alimentari o intolleranze come la celiachia. La depressione maggiore è attualmente la principale causa di malattia in Nord America e la quarta causa di disabilità in tutto il mondo. Nel 2030, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che possa essere la seconda causa di malattia in tutto il mondo dopo l’AIDS.

E’ giusto, etico, accettabile che organizzazioni con obiettivi di profit assistano il suicidio di pazienti depressi ? Dal 2002, l’anno in cui il Belgio ha legalizzato l’eutanasia, 8761 persone hanno deciso di morire in questo modo. Negli anni i criteri della legge sull’eutanasia si sono modificati fino a consentire la morte non solo delle persone gravemente malate e in fin di vita, ma anche di quelle che “soffrono in modo insopportabile”.

Cosa vuol dire “insopportabile” ? Chi valuta la “sopportabilità” ? Lo può fare il paziente stesso ? Quella di una persona depressa è una scelta libera o è dettata dall’umore ? La valutazione fatta da una persona esterna è attendibile ?

Sono domande difficili, che muovono la coscienza civile e morale e spaventano facendoci sentire la morte a portata di mano. Quante volte un paziente depresso può parlare di suicidio al suo terapeuta ? Quante volte lo stesso paziente può stare prima meglio, poi addirittura bene, aiutato dalla psicoterapia, dai farmaci e da un contesto di vita diverso ? Un dato di certezza assoluta è la volontà forte e costante da parte del terapeuta di aiutare il paziente a controllare e rimuovere le idee suicidarie per prevenire e impedire in suicidio. Sappiamo che i disturbi depressivi vanno incontro a variazioni di intensità e che le scelte fatte nei momenti “down” sono molto lontane da quelle possibili nei momenti buoni.

Lo stato depressivo è come un paio di occhiali scuri sempre presenti che impediscono di effettuare valutazioni attendibili del mondo esterno. La depressione è uno stato emotivo che di per sé non porta all’attendibilità. I terapeuti insegnano ai pazienti a prendere le distanze dalle proprie valutazioni, a non credere troppo ai loro pensieri che sono appunto frutto di una distorsione negativa e pessimista.

Nel massimo rispetto della libertà individuale, ricordiamo che la decisione di suicidarsi tramite l’eutanasia, è il frutto di un sistema di valutazione e decisione, contaminato e distorto da un paio di occhiali scuri. Questo ci permette di condannare, senza alcun “ma” o “però” chi assiste le richieste di suicidio assistito da parte di pazienti “depressi”; ci permette anche di tenere ben distinta la depressione da altre forme di malessere/malattia che, senza ombra di dubbio, possono portare l’uomo in una condizione di malessere insopportabile e di assenza di speranza.

Chi scrive non ritiene mai etico ed accettabile il suicidio assistito.