Dall’isteria al narcisismo

Dall’isteria al narcisismo

Cosa è cambiato negli ultimi 100 anni nelle dinamiche psicologiche delle persone ?

Come siamo passati dall’isteria al narcisismo ?

Un secolo fa: l’isteria

Un secolo fa buona parte del malessere psicologico delle persone scaturiva dalla norma che imponeva di tenere a freno l’eccitazione sessuale. Ciò poteva provocare reazioni esplosive come crisi di pianto e di urla incontrollabili oppure, nel caso i meccanismi di controllo e repressione rimanevano attivi e funzionanti, fenomeni inspiegabili come sincopi, svenimenti o disturbi funzionali fisici e corporei a cui non si poteva trovare alcuna causa organica.

Questa rigida struttura culturale metteva al primo posto la moralità, il ritegno, il conformismo e nonché la rimozione o peggio la negazione dei bisogni sessuali.

Per questo motivo il linguaggio e l’abbigliamento erano rigidamente controllati soprattutto tra le classi borghesi. Le persone sviluppavano un Genitore Normativo potente e rigido che limitava l’espressione sessuale e creava riguarda al sesso ansia e forti sensi di colpa.

Le persone temevano coscientemente di essere sopraffatti dall’ansia e dai sensi di colpa. È da notare però che questo tipo di contesto socio-culturale favoriva lo sviluppo di sentimenti intensi pur imponendo controlli severi alla loro espressione. Possiamo semplificare affermando che a quei tempi l’indicazione morale era amore senza sesso.

Le virtù considerate preziose erano la dignità, l’integrità e il rispetto di se stessi.

Oggi:il narcisismo

Oggi il contesto socio culturale è mutato completamente. Assistiamo ad un crollo dell’autorità dentro e fuori la dimensione familiare. I costumi sessuali sembrano molto più liberi con persone che riescono a passare facilmente da un partner all’altro. La timidezza e la prudenza sessuale sono sostituiti dall’esibizionismo e dalla pornografia e il concetto di moralità sessuale è di fatto quasi completamente sconosciuto. Il senso di colpa e l’ansia riguardo al problema del sesso è invertito di 180° nel senso che molte persone hanno problemi e si lamentano delle proprie incapacità sessuali e temono di non essere all’altezza delle prestazioni che possono essere richieste dal partner. 

Le persone non sono più gestite da un Genitore Normativo rigido e severo anzi sembra proprio che questo Genitore Normativo non esista affatto e di conseguenza non ci sono limiti morali alla condotta specialmente quella sessuale. Senza questi limiti le persone tendono ad agire i propri impulsi e a non avere alcun tipo di autocontrollo. Le persone pensano anche di essere completamente libere di ricercare il loro stile di vita anche al di fuori delle regole sociali.

Questa mancanza o assenza di limitazioni al comportamento e l’incoraggiamento ad agire gli impulsi sessuali in nome della libertà, ha minimizzato l’importanza delle emozioni. Nella nostra epoca possiamo semplificare affermando che l’indicazione è sesso senza amore.

Negare le emozioni ed essere senza limiti; i limiti vengono considerati restrizioni non necessarie al potenziale umano.

I valori dominanti della società narcisistica sono il potere, l’efficientismo e la produttività.

Foto di Marija Zaric su Unsplash

Le organizzazioni sociali e la distruttività regressiva gruppale

Le organizzazioni sociali e la distruttività regressiva gruppale

La controparte nascosta del lavoro positivo che viene portato avanti nelle strutture organizzative delle istituzioni è l’attivazione di fenomeni regressivi di gruppo caratterizzati spesso da conflitti distruttivi e auto distruttivi. Ciò è legato agli impulsi libidici e aggressivi che si attivano nell’inconscio dinamico nei gruppi e nelle istituzioni sociali. Allo stesso modo si osservano, come nell’individuo, processi di difesa e di sublimazione legati all’erotismo e all’aggressività, alla creatività e all’auto- distruttività.

Ciò a volte comporta che professionisti equilibrati, sani e ben adattati, lavorando nel contesto di gruppi regressivi e con una struttura di lavoro non adeguata, possono a loro volta regredire verso comportamenti anomali. È come se all’interno di queste situazioni di gruppo disfunzionali le forze gravemente distruttive e autodistruttive dell’inconscio dinamico fossero senza alcun controllo. Rispetto questo la leadership può ridurre o peggiorare l’aggressività primitiva all’interno di un contesto sociale e di gruppo.

Nel 1921 Sigmund Freud tentò per primo lo studio psicanalitico dei fenomeni di gruppo cercando una spiegazione utilizzando la psicologia dell’Io che da poco era stata sviluppata. Freud affermava che le persone all’interno di una folla provano un sentimento immediato di intimità reciproca derivante dalla proiezione del loro ideale dell’Io sul leader e dall’identificazione con il leader stesso e con i compagni. Questa proiezione si accompagna generalmente ad una grave riduzione del funzionamento dell’Io, cioè del funzionamento individuale e di conseguenza possono venire alla luce dei bisogni primitivi che solitamente rimangono a livello inconscio e il gruppo si muove sotto la spinta di pulsioni e di emozioni, di eccitazione e di rabbia, tutte condizioni stimolate e dirette dal leader.

Attivazione di funzionamenti psicologici arcaici

Indipendentemente dalla maturità e dalla integrazione psicologica delle persone, in alcune condizioni di gruppo si generano fenomeni regressivi e si attivano livelli psicologici primitivi. Questi fenomeni regressivi consistono nella attivazione di operazioni di difesa e di processi relazionali che riflettono relazioni oggettuali primitive. Questo tipo di regressione è potenzialmente presente in ciascuno di noi. Quando la struttura sociale si indebolisce, cioè quando i nostri ruoli abituali vengono momentaneamente sospesi e molti oggetti interni si attivano simultaneamente in una relazione non strutturata, è come se si riattivassero le molteplici primitive relazioni oggettuali interne; cioè si riattivano livelli primitivi di funzionamento psicologico. Per primitivo si intende risalenti ai primissimi anni di vita. Per questo motivo, i fenomeni di gruppo generalmente vengono vissuti come una minaccia all’identità personale ed è per questo che di fronte all’affiorare di meccanismi di funzionamento primitivi riaffiorano anche operazioni difensive primitive e aggressività primitive, con caratteristiche della fase di sviluppo psicoattiva pre-genitale.

Nell’ambito dell’attivazione di meccanismi psicologici primitivi occorre ricordare anche l’attivazione di caratteristiche sessuali infantili. Il gruppo tende ad essere intollerante verso ogni coppia che voglia mantenere la propria identità personale. Questa intolleranza della folla contro la sessualità può essere interpretata come la regressione ad un meccanismo psicologico primitivo che è quello della rivalità tra figli per il possesso delle madri e delle sorelle.

A cavallo degli anni 40 e degli anni 50, Bion descrisse i fenomeni regressivi che si possono osservare in un gruppo e parlò di tre grandi fenomeni emotivi di base che sono il fondamento delle reazioni di gruppo. Lavorando con i gruppi Bion poté osservare e descrivere direttamente le dinamiche e gli sviluppi al suo interno: ogni gruppo che si riunisce per il raggiungimento di uno scopo o di un obiettivo di lavoro, possiede l’orientamento mentale e il funzionamento che è finalistico allo scopo prefisso e corrisponde al principio di realtà, segue ovvero la razionalità e la consapevolezza, caratteristiche intrinseche dell’Io; in termini AT possiamo dire che il gruppo attiva l’Adulto che valutando il qui ed ora e gli obiettivi reali cerca di perseguire uno scopo istituzionale.

Bion osservò anche che sussistono resistenze nel gruppo che ne possono ostacolare il funzionamento, non sono orientate allo sviluppo e dipendono da angosce e ansie primitive e che seguono il principio del piacere. Si energizzano i Bambini e il gruppo si “aggrappa” ad un insieme di difese caratteristiche del Bambino e non lavora più in senso maturativo, ma rimane fermo in una situazione quasi limbica. Bion chiamò questi meccanismi assunti di base”, vere e proprie difese adottate dal gruppo nei confronti dello sviluppo-trattamento; essendo tali sono al di fuori della consapevolezza dei membri, ostacolano l’attività attraverso forti tendenze emotive.

1 – La dipendenza. Quando la dipendenza è il fenomeno emotivo dominante in un gruppo, i membri percepiscono il leader come onnipotente e onnisciente e se stessi come inadeguati, immaturi e incompetenti (Bambini Adattati). Il gruppo si riunisce allo scopo di dipendere da qualcuno o da un capo, da cui ci si attende possa fare tutto e appare come un Dio che viene sempre più idealizzato; può risolvere tutti i problemi e su di lui (o lei) vengono proiettate molte aspettative.

Questa idealizzazione del leader si accompagna al bisogno opposto e conflittuale di rubargli la conoscenza, il potere e la bontà. I membri del gruppo quindi rimangono in uno stato di continua impasse tra bisogno di dipendenza e invidia. Sono perennemente ingordi e perennemente insoddisfatti. Quando il leader non corrisponde più a questi ideali, i membri del gruppo reagiscono prima con la negazione poi con la svalutazione rapida e totale del leader e con la ricerca di un sostituto. Il gruppo dipendente è quindi caratterizzato da:

  • idealizzazione primitiva
  • onnipotenza proiettata
  • negazione
  • invidia
  • avidità

Tutte queste dinamiche mentali si accompagnano ad altrettante difese. In termini analitico transazionali i membri del gruppo attivano lo stato dell’Io Bambino sotto l’influenza di un Genitore potente e cattivo. Oscillano tra l’adattamento/dipendenza e la ribellione/rabbia. La ricerca di nutrimento e di dipendenza è dominante, fenomeni caratteristici della fase pre-genitale dello sviluppo psico-evolutivo. La Chiesa è la struttura istituzionale tipica del gruppo dipendenza.

2 – Lotta e fuga 

Il gruppo si mostra compatto con tutto ciò che possa sembrare un pericolo esterno e si aspetta dal leader protezione e guida nella lotta contro il nemico e contro le forze disgregatrici del gruppo, cioè le lotte interne al gruppo. I membri del gruppo non tollerano l’opposizione ad ideologie condivise e di conseguenza si scindono in sottogruppi che lottano tra di loro. Il gruppo tende a controllare il leader o, al contrario, si percepisce come controllato dal leader. C’è convinzione globale che esiste un nemico all’esterno da cui difendersi: lo si evita attraverso la fuga o lo si affronta attraverso l’attacco. Controllo aggressivo, sospetto, bellicosità, panico sono fenomeni dominanti, anche essi caratteristici della fase pre-genitale. L’esercito è la struttura istituzionale tipica del gruppo lotta-fuga.

3 – L’accoppiamento

Il terzo assunto di base descrive la presenza di due o più persone (di solito una coppia) che dominano la situazione e il resto del gruppo che si stringe intorno ad essa, in quanto vige la speranza che questi riescano a risolvere i problemi attuali degli altri membri attraverso un intervento sovrannaturale o di tipo divino (esempio: l’attesa del Messia, attesa di una rivelazione di tipo messianico). I membri del gruppo si focalizzano su una coppia interna al gruppo (di solito, non sempre, eterosessuale) e su questa coppia l’inconscio gruppale appunta l’aspettativa positiva della riproduzione assicurandosi la sopravvivenza minacciata dall’attacco all’identità del gruppo.

Le organizzazioni sociali funzionali (industria, educazione, ospedali) devono tendere al massimo controllo, riduzione e sublimazione della psicologia di massa come parte fondamentale del sistema organizzativo di lavoro. Purtroppo, a prescindere dalle misure protettive e correttive che vengono messe in atto, l’aggressività e Il sadismo si sviluppano sempre nelle istituzioni e si infiltrano a vari livelli.

L’inevitabile attivazione di aggressività primitiva nel funzionamento individuale all’interno di gruppi riflette la naturale predisposizione universale latente a regredire a livelli pre-edipici di organizzazione intra-psichica.

La Psicologia dell’Io: dai contenuti ai processi

La Psicologia dell’Io: dai contenuti ai processi

Nel 1923 Sigmund Freud pubblica l’Io e l’Es, testo fondamentale in cui introduce il modello strutturale e da inizio a una nuova fase di teoria psicologica in cui gli interessi si spostano dai contenuti inconsci alle modalità, cioè ai processi, con cui questi contenuti vengono sottratti alla consapevolezza.

Secondo Freud, la psiche può essere suddivisa in tre grandi macro settori: Es, Io e Super-Io.

L’Es è quella parte della psiche che contiene impulsi e pulsioni primitive e arcaiche cioè forse non razionali in cui si confondono e si sommano desideri, paure e fantasie. Naturalmente l’Es è completamente inconscio, non verbale (si esprime con immagini e simboli), prelogico, non hai concetti di tempo, mortalità e limite. Freud faceva quindi riferimento ad una modalità cognitiva primitiva che sopravvive nel linguaggio dei sogni, delle battute umoristiche e delle allucinazioni. Inoltre, si manifesta con dei derivati a volte di difficile comprensione in forma di pensieri, comportamenti ed emozioni.

L’Io contiene tutte le funzioni che consentono all’uomo di adattarsi alle necessità della vita con modalità accettabili all’interno della famiglia e della società; gestisce cioè gli impulsi incontrollati e primordiali dell’Es. L’Io è in continuo sviluppo ma acquista rapidamente forza soprattutto nell’infanzia a partire dalle prime fasi di vita; agisce secondo il principio di realtà e utilizza modalità cognitive sequenziali, logiche, orientate al qui ed ora. L’Io contiene anche parti inconsce come d’esempio i processi difensivi come la rimozione e lo spostamento. L’Io ha quindi il fondamentale ruolo di percepire la realtà e di adattarsi ad essa: l’Io è tanto più forte quanto più in grado di riconoscere la realtà, anche quando è molto spiacevole, senza utilizzare difese primitive. Ciò implica che la forza dell’Io, che parallela alla salute psicologica, implica la possibilità di utilizzare in modo sano difese mature e diversificate; un ulteriore conseguenza di questa considerazione è l’idea che la salute mentale è direttamente correlata al grado di flessibilità emotiva.

Il Super-Io è quella parte della psiche, cioè del Sé, che gestisce la persona soprattutto da un punto di vista morale. È quella parte di noi che si congratula quando facciamo le cose nel nostro meglio e critica quando deviamo dagli standard. Freud pensava che il Super-Io si formasse principalmente durante l’infanzia, e in particolare durante la fase edipica, attraverso l’identificazione con i valori dei genitori; oggi si pensa che abbia origini molto più precoci nelle nozioni infantili di bene e di male.

Psicoterapia : domande, risposte e pregiudizi

Psicoterapia : domande, risposte e pregiudizi

Da cosa derivano le difficoltà di orientamento e comprensione su argomenti che riguardano la salute mentale ?

Michele Novellino, mio maestro e supervisore, sentì il bisogno, quasi 20 anni fa, di pubblicare un volume dal titolo “Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando”, una vera e propria guida/bussola per orientarsi nel mondo che inizia con “psi”. Cito testualmente un brano tratto dal capitolo 1, quello introduttivo:

“un pomeriggio mi trovo ricevere una coppia di genitori che accompagnano il figlioletto di una decina d’anni. I due sono preoccupati per alcuni comportamenti del figlio; la visita mi dimostra ben presto che si tratta di una situazione di ansia dovuta a una difficoltà della coppia a trovare un’armonia più generale, e questo anche nell’educazione del figlio. Stranamente ma non troppo il primo spunto circa l’assoluta normalità del figlio mi viene proprio da un riferimento di quest’ultimo alla mia presenza. Dopo pochi minuti, il ragazzino mi chiede con tono diretto e lievemente risentito: “ma tu sei uno strizzacervelli ?”, Rispondo di sì, e di rimando chiedo come l’avesse compreso (Il lettore avrà intuito che i genitori avevano raccontato che ero un amico); la risposta arriva pronta: “ho visto uno che faceva le tue stesse domande,nella puntata di …..”(e nomina un certo telefilm di gran successo tra i giovani).”

Questo episodio mette in luce che la psicoterapia, scienza e professione giovane rispetto ad altre più antiche, risente molto dell’immagine che è stata prodotta attraverso i moderni canali di comunicazione e conoscenza come ad esempio giornali televisione e rete. Purtroppo il risultato è che spesso vengono mescolati nella stessa pentola professionisti seri e venditori di fumo, scienziati di vecchia data e ipnotizzatori da baraccone. Questo ha causato un’immagine assolutamente approssimativa di una professione che richiede competenza ed etica e di cui le persone hanno un gran bisogno

Psicoanalisi e psicoterapia sono la stessa cosa ?

SIgmund Freud, medico, neurologo e psicanalista, ideatore e fondatore della psicoanalisi, aprì la strada alla moderna psicologia e all’idea che corpo e mente sono intimamente legati, si condizionano a vicenda, e hanno delle parti di cui non si ha consapevolezza, cioè incoscienti.

Come sostiene Michele Novellino, senza di lui non esisterebbe la moderna psicologia e psichiatria e noi (psicoterapeuti, psicologi, psichiatri) non saremmo qui.

Ma molto tempo è passato e molte delle idee di Freud non si sono dimostrate corrette e reali, cosa facilmente comprensibile considerando i tempi che viveva.

Ma ancora oggi le parole che iniziano con “psi” portano molte persone a pensare a Freud e alla psicoanalisi, concetti spesso associati all’idea di malattia mentale, di follia.

La psicoanalisi è tuttora una disciplina psicoterapeutica praticata e diffusa e è una piccola fetta dell’ampia offerta di trattamenti psicoterapici disponibili. Quindi: psicoterapia e psicoanalisi non sono sinonimi.

Psicoterapia: CURA DELLE CONDIZIONI DI DISAGIO EMOTIVO E RELAZIONALE ATTRAVERSO UNA RELAZIONE D’AIUTO “GUIDATA” DA UN PROFESSIONISTA ABILITATO (modificato da Novellino, Scegliere lo psicoterapeuta, come e quando, Franco Angeli/Le comete)

Psicoanalisi: un procedimento per l’indagine dei processi psichici cui altrimenti sarebbe impossibile accedere; un metodo terapeutico basato su tale indagine per il trattamento dei disturbi nevrotici. Si tratta in pratica di rendere cosciente l’inconscio con un’analisi, guidata dall’analista, con cui è possibile dare significato a quanto regola la condotta e il comportamento dell’uomo.

Che differenza c’è tra psicologi, psichiatri e psicoterapeuti ?

Psicologia, psicoterapia, psichiatria….parole usate spesso in modo indiscriminato e interscambiabile: sono la stessa cosa ?

La psichiatria è una branca specialistica della medicina che si occupa dei disturbi mentali e del  mantenimento e il perseguimento della salute mentale; ciò viene ottenuto con strumenti medico-farmacologici, neurologici, psicologici, sociologici, giuridici, politici. La psichiatria è sovente maggiormente orientata verso l’identificazione del disturbo mentale o psicologico come derivante da un funzionamento anomalo a livello fisiologico del sistema nervoso centrale seguendo una prassi od ottica strettamente scientifico-materialista.

Gli psichiatri sono medici (specialisti in psichiatria, appunto !) possono prescrivere farmaci e praticare la psicoterapia cui sono abilitati “d’ufficio” dalla specializzazione.  Questa abilitazione “di ufficio” solleva dubbi e merita qualche considerazione. Esaminando i piani didattici delle scuole di specializzazione in psichiatria appare evidente che pochi crediti formativi sono dedicati alle tecniche di psicoterapia nel corso dei cinque anni di durata della scuola. (ad esempio 40-50 crediti su un totale di 300 crediti nei cinque anni); ci si può chiedere cioè a cosa servono quattro anni di di specializzazione in psicoterapia se gli psichiatri acquisiscono le competenze di psicoterapeuta in meno di un anno.

La psicoterapia è definibile come la terapia dei disturbi psichici basata sulla parola e sulla relazione tra terapeuta e paziente/cliente. E’ una specializzazione cui possono accedere sia i medici che gli psicologi; quindi, uno psicoterapeuta può essere un medico o uno psicologo. I medici psicoterapeuti possono prescrivere farmaci, gli psicologi psicoterapeuti no.

La psicologia è la disciplina che studia i processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti consce e inconsce. E’ una laurea quinquennale che conferisce, appunto, il titolo di psicologo.

Secondo l’articolo 1 della legge 56/89, La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito. Quindi, per legge, lo psicologo può fare: prevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazione, sostegno, sperimentazione, ricerca, didattica sia rivolte al singolo, al gruppo, fino alla comunità intera.

Lo psicologo, privo della specializzazione in psicoterapia, non è abilitato alla psicoterapia.

Psicoterapeuta: chi può definirsi tale ?

Psicoterapeuta è chi, in possesso della iscrizione all’albo dei medici o degli psicologi ha conseguito il diploma di specializzazione quadriennale in psicoterapia. Oltre a questa definizione formale e istituzionale possiamo proporre una definizione più strettamente professionale e di competenze: psicoterapeuta è chi si dedica al trattamento, alla cura, alla presente carico di persone che soffrono di disturbi, conflitti, problematiche di natura psicologica. L’oggetto del suo lavoro è la mente ed è oggettivamente molto difficile definire un territorio di intervento: non c’è un organo su cui si accentri l’attenzione dello psicoterapeuta mentre egli interviene sul comportamento, sui vissuti, sulle fantasie, in altri termini su quello che viene chiamato” il mondo interiore” dell’uomo.

Gli psicoterapeuti cercano di aiutare le persone a capire come hanno organizzato il loro mondo interiore; per far questo essi hanno bisogno di una buona conoscenza che padronanza di loro stessi: non si può aiutare a conoscere se non si è passati attraverso l’autoconoscenza

Psicoanalista: chi può definirsi tale ?

Si tratta di un termine abusato ed equivocato sia in buona che cattiva fede: psicoanalista non è chiunque si occupi della psiche, bensì colui o colei specializzato nell’applicazione del metodo psicanalitico costruito da Freud e che è iscritto a qualcuna delle associazioni psicoanalitiche riconosciute dai movimenti internazionali legati a Freud. In Italia esistono due associazioni riconosciute: la storica Società Psicoanalitica Italiana (http://www.spiweb.ite l’Associazione Italiana di Psicoanalisi (http://www.aipsi.it) Vengono considerati psicoanalisti anche gli affiliati al movimento junghiano, anche se quest’ultimo si rifà ad una teoria definita da Jung stesso come “psicologia analitica” proprio per differenziarla dalla psicoanalisi freudiana.

In cosa consiste la psicoterapia ?

La psicoterapia consiste nella cura delle condizioni di forte disagio emotivo e relazionale; la cura avviene attraverso una relazione d’aiuto guidata secondo scienza e coscienza da un professionista abilitato.

Da questa definizione nasce il bisogno di analizzare in dettaglio alcune parole e frasi.

Cura: la psicoterapia, pur non utilizzando farmaci e trattamenti invasivi, è un intervento di natura medica, il che non vuole dire che deve essere effettuata necessariamente da laureati in medicina e chirurgia. Significa che i professionisti che svolgono la psicoterapia, medici o psicologi che siano, hanno le stesse responsabilità di un medico che prescrive farmaci e fa diagnosi. Il che equivale a dire che l’utente è un paziente a tutti gli effetti: vuole essere aiutato perché il suo stato di salute è alterato. Quindi lo psicoterapeuta, anche se non è un medico come titolo, ha le stesse responsabilità e le stesse funzioni di un medico specialista, ossia quelle di aiutare i pazienti che si rivolgono a lui per recuperare il proprio stato di salute.

Relazione d’aiuto guidata secondo scienza e coscienza: lo psicoterapeuta offre la possibilità di affrontare i propri problemi in quanto è fornito della competenza specifica acquisita durante la specializzazione in cui ha maturato sia gli aspetti tecnici che quelli deontologici della sua professione.

Disagio emotivo e relazionale: la psicoterapia interviene in due grandi categorie di situazioni. Nella prima il paziente soffre di emozioni spiacevoli che determinano un senso di infelicità e ne limitano i comportamenti. Tali stati emotivi spesso sono cronici, incontrollabili e rendono difficili le normali interazioni con l’ambiente circostante. In genere i pazienti non riescono a dare un senso a tali stati e arrivano alla sensazione di essere totalmente incapaci di affrontare da soli le situazioni. Nella seconda condizione l’individuo accusa persistenti e ripetitive situazioni relazionali insoddisfacenti e limitative: solitudine, tendenza agli abbandoni, emarginazione, difficoltà ad accettare rapporti ineliminabili (figli, figure autoritarie).

Professionista abilitato: la psicoterapia è una professione a tutti gli effetti; allo stesso tempo per poter esercitare sono senza dubbio indispensabili alcuni aspetti umani particolari come interesse per gli altri, desiderio di aiutare, curiosità per l’animo umano. Queste doti devono essere affinate e sostanziate da capacità tecniche attraverso la specializzazione e attraverso il tirocinio pratico. Nelle doti umane che abbiamo ricordato si inseriscono problematiche personali che devono essere coscienti e devono essere controllate: chi vuole aiutare gli altri a conoscersi deve prima di tutto conoscere se stesso e le motivazioni che lo hanno portato ad aiutare gli altri. Per un medico o per un avvocato non è sempre necessario sapere le motivazioni profonde che lo spingono a svolgere una professione di tipo umanitario: ad esempio un chirurgo può essere un ottimo operatore anche senza conoscere i propri impulsi sadici o aggressivi, anzi molto spesso è meglio che non lo sappia ! Lo psicoterapeuta utilizza se stesso per aiutare gli altri: quindi lo strumento della relazione d’aiuto è la mente del terapeuta e quindi si deve conoscere bene cosa accade dentro se stessi per saper guidare l’altro. Essere abilitati significa aver imparato la disciplina fino al punto che gli insegnanti e i tutor ritengono sufficiente. I corsi di specializzazione devono essere completati fino alla certificazione finale che non è una garanzia in assoluto ma fornisce un criterio sulla disponibilità del professionista a svolgere quanto viene dichiarato necessario da colleghi più esperti affinché possa affrontare i problemi del paziente con serietà, competenza e deontologia.