Il Bambino che c’è in noi

Il Bambino che c’è in noi

Mentre lo Stato dell’Io Genitore contiene la registrazione degli avvenimenti esterni al bambino, lo Stato dell’Io Bambino include le registrazioni degli avvenimenti interni cioè delle reazioni del bambino a ciò che vede e sente.

Queste reazioni consistono essenzialmente in emozioni e stati d’animo in quanto il bambino non è in possesso di strumenti cognitivi e intellettuali per decodificare e capire gli avvenimenti intorno a sé.

È importante tenere presente che nei primi anni di vita il bambino è in una condizione di impotenza totale: è piccolo, alla mercé degli altri, non controlla i suoi movimenti, non conosce e capisce le parole, non è in grado di costruire espressioni di senso compiuto.

In questo periodo che potremmo definire critico, il bambino invia continue richieste di aiuto incondizionato. Da un lato il bambino deve rispondere a bisogni primari come il bisogno di evacuare, di fare pipì, la fame, l’esplorazione, l’espressione dei propri stati d’animo, l’eccitazione dei primi movimenti e la scoperta di nuove cose. Dall’altro i genitori chiedono più o meno costantemente di rinunciare a queste soddisfazioni primarie offrendo come ricompensa la propria approvazione. L’approvazione da parte dei genitori è per il bambino un mistero totale in quanto non è in grado di istituire alcun rapporto certo di causa ed effetto.

Non è sorprendente, quindi, che di fronte a questo frustrante processo di socializzazione in un contesto poco comprensibile lo stato d’animo prevalente sia di tipo negativo. In termini di analisi transazionale possiamo affermare che il bambino è in una posizione esistenziale “io non sono ok“. Questa condizione di non ok è registrata in modo indelebile nello Stato dell’Io Bambino ed è un residuo del passaggio attraverso l’infanzia. Il Bambino non ok è presente in ogni persona anche nei figli di genitori buoni, amorevoli, indulgenti e disponibili. Questa condizione di non ok non è tanto determinata dal comportamento dei genitori quanto dalla condizione infantile di impotenza e inferiorità. Se i figli di genitori “bravi” si portano comunque il peso del non ok non è difficile immaginare quale fardello di dinamiche negative possano esistere nei figli di genitori negligenti, abusanti, maltrattanti e narcisisti.

Le registrazioni dello Stato dell’Io Bambino, come quelle dello stato dell’Io Genitore, possono essere rievocate rapidamente in qualsiasi momento della vita e in ogni tipo di relazione e comunicazione. E se la situazione reale del qui ed ora ricrea una qualche situazione infantile susciterà gli stessi stati d’animo ed emozioni che furono provate allora. In tutte le condizioni in cui non c’è alternativa o ci troviamo con le spalle al muro o pensiamo di non riuscire a sopravvivere lo Stato non ok del bambino originario viene riattivato e vengono rivissute le stesse emozioni. Si tratta di una versione aggiornata della depressione primaria del bambino.

Fortunatamente lo Stato dell’Io Bambino contiene però anche registrazione di dati positivi e piacevoli. La creatività, la curiosità, il desiderio di esplorare e di sapere, il bisogno impellente di toccare, sentire e sperimentare vengono registrati come stati d’animo esaltanti e piacevoli. Nello Stato dell’Io Bambino vengono registrate tutte le prime meravigliose esperienze, tutte le prime volte della vita del bambino, tutte le avventure stupende ripetute più di una volta. Il dondolio ritmico della culla, la sensazione di una soffice coperta, le sensazioni favorevoli agli eventi positivi.; è il bambino felice e spensierato che rincorre le farfalle o la bambina col volto cosparso di Nutella.

In definitiva le persone emergono dall’infanzia con un bagaglio enorme di esperienze registrate nello Stato dell’Io Genitore e nello Stato dell’Io Bambino in modo incancellabile. È giusto quindi domandarsi quali speranze le persone hanno per cambiare e sganciarsi dal passato.

Foto di Senjuti Kundu su Unsplash

Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore è quella “parte di noi” che funziona utilizzando un insieme enorme di registrazioni di eventi esterni con cui l’individuo viene in contatto durante i primi cinque anni di vita cioè nella fase della vita che precede la nascita sociale della persona (l’ingresso a scuola). Qualsiasi evento esterno viene registrato nei nastri del cervello ma quelli più significativi sono determinati dall’esempio e dalle affermazioni dei genitori reali o dei loro sostituti. In pratica queste registrazioni contengono tutto ciò che il bambino ha visto fare o ha sentito da parte dei propri genitori.

I messaggi e i modelli genitoriali vengono registrati nello stato dell’Io Genitore in tempo reale e senza alcuna mediazione. Questo accade perché il bambino è totalmente dipendente, è incapace di elaborare significati tramite il linguaggio ed è quindi impossibilitato ad apportare modifiche, correzioni o spiegazioni sia ai modelli che ai messaggi che riceve dai genitori.

Nel Genitore sono registrate tutte le regole e le norme che il bambino ha ricevuto dai propri genitori e che ha visto mettere in pratica. A parte le primissime comunicazioni dei genitori, cioè nei primissimi giorni di vita, tutto viene interpretato in modo non verbale attraverso il tono della voce, l’espressione del volto, la presenza o meno di carezze. Successivamente quando il bambino  è in grado di comprendere il significato delle parole vengono registrate regole e norme verbali più elaborate.”Non dire mai bugie, paga sempre i tuoi debiti, un bravo ragazzo pulisce sempre il proprio piatto, non fidarti mai di una donna, non passare mai sotto una scala, fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, frega per non essere fregato”

Tutti questi messaggi sono registrati come fossero la verità assoluta in quanto provenienti dalla fonte di ogni sicurezza e certezza per il bambino: i propri genitori, due giganti alti 2 metri in un periodo in cui il bambino alto poco più di mezzo metro ha tutto l’interesse ad essere buono ed ubbidiente.

Queste registrazioni sono permanenti e non cancellabili e pronte ad essere riascoltate e quindi utilizzate in ogni momento della vita. Inoltre le informazioni registrate nello stato dell’Io Genitore rappresentano un indispensabile strumento di sopravvivenza in quanto forniscono regole il cui obiettivo è appunto la sopravvivenza sia in senso fisico che sociale.

Quando il comportamento e le parole dei genitori sono in contraddizione le registrazioni vengono ignorate in quanto fonte di confusione. Il bambino non è in grado di mettere in discussione queste contraddizioni e quindi si difende non utilizzando la registrazione. Ad esempio se il genitore dice “le bugie non si dicono” ma poi mente oppure se il genitore dice “fumare fa male alla salute” e poi fuma.

Una metafora che descrive bene l’effetto delle registrazioni contraddittorie è quella della musica stereofonica. Nella registrazione del suono stereofonico ci sono due solchi che se  in armonia producono un effetto stupendo quando vengono ascoltati insieme; se invece non sono in armonia l’effetto è sgradevole ed è meglio non ascoltare quella registrazione.

Molte delle informazioni contenute nel genitore vanno a costituire la categoria del “come si fanno le cose“: come appendere un quadro, come fare il letto, come mangiare la minestra, come soffiarsi il naso eccetera. Il “come” si fanno le cose comprende una grandissima quantità di dati raccolti osservando i genitori. Si tratta in genere di dati molto utili che permettono al bambino di imparare a cavarsela da solo. Solo successivamente col crescere dello stato dell’Io Adulto e quindi della libertà di poter esaminare i dati del Genitore, queste informazioni sul “come” possono essere eventualmente aggiornate o sostituite con delle soluzioni migliori e più adatte alla realtà. Se le prime istruzioni registrate nel Genitore hanno caratteristiche di severità e perentorietà si possono incontrare maggiori difficoltà nell’esaminare il vecchio modo di compiere certe operazioni ed eventualmente di modificarle.

Se pensiamo che nel cervello di ogni persona sono registrate migliaia di queste semplici norme di vita ci possiamo rendere conto di quale enorme quantità di dati è registrata nel Genitore. Alcune di queste ingiunzioni sono rafforzate dall’aggiunta di imperativi quali ad esempio “mai”, “sempre” e “non dimenticare mai che..” 

I nastri del Genitore possono essere di aiuto o di intralcio a seconda che siano più o meno appropriati alla situazione reale oppure a seconda che siano stati o meno aggiornati da parte dell’Adulto.

I genitori fisici non sono le uniche sorgenti dei dati presenti nello stato dell’Io Genitore. Ad esempio un bambino di tre anni che trascorre molte ore del giorno davanti alla televisione registra ciò che vede e i programmi possono inculcare alcune concezioni di vita; in generale qualsiasi situazione esterna in cui il bambino si sente alla mercé degli altri fino al punto di non essere libero di dubitare o investigare produce informazioni che vengono registrate in modo indelebile nel genitore. 

Lo Stato dell’Io Genitore si arricchisce di nuove informazioni anche dopo i primi cinque anni di vita anche se in modo molto meno significativo a causa della presenza dello Stato dell’Io Adulto che è in grado di giudicare e valutare le informazioni che riceve e decidere se archiviarle o no.

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La memoria emotiva

La memoria emotiva

I meccanismi della memoria

Tutto ciò di cui siamo coscienti è registrato con precisione e quindi immagazzinato nel cervello e può essere rievocato al bisogno.

Probabilmente il fatto più sorprendente di questi meccanismi di memorizzazione è il fatto che oltre agli avvenimenti e alle esperienze vengono registrate e immagazzinate anche le emozioni legate a quegli avvenimenti. Un certo avvenimento e l’emozione collegata sono inestricabilmente connessi e non possono essere separati cioè è impossibile rievocare un avvenimento senza rievocare anche l’emozione legata.

Ancora più sorprendente è il fatto che a volte l’emozione collegata a un antico avvenimento registrato nel cervello può emergere senza ricordo cosciente dell’avvenimento. Facciamo un esempio.

Un paziente mi raccontò una volta che passando davanti a un negozio di strumenti musicali udì una melodia che causò immediatamente uno stato di tristezza opprimente. Il paziente si era sentito invaso da una potente malinconia a cui non sapeva dare alcuna spiegazione. Nessun pensiero cosciente poteva giustificare l’insorgenza di quella forte emozione. Alla domanda se quella melodia poteva ricordare qualche fatto del passato, il paziente negò affermando di non riuscire a porre minimamente in relazione quella melodia con la propria tristezza. Dopo circa una settimana lo stesso paziente mi telefona per dirmi che continuando a canticchiare ripetutamente la melodia si era improvvisamente ricordato di sua madre seduta al pianoforte intenta a suonare quella melodia. La madre del paziente era morta quando egli aveva solo cinque anni e a quel tempo ciò provocò una grave depressione durata a lungo nonostante i tentativi compiuti dalla famiglia per trasferire l’affetto per la madre su una zia che aveva assunto il ruolo materno. Prima di quel giorno in cui era passato davanti al negozio di musica il paziente non si era mai ricordato di aver udito quella canzone né che la madre l’aveva suonata. Chiesi al paziente se la rievocazione di quel ricordo infantile avesse per caso liberato dalla depressione; mi rispose che la natura del suo stato d’animo era cambiata: il ricordo della morte della madre causava ancora un forte senso di tristezza ma non si trattava più di una disperazione opprimente che aveva provato a suo tempo.

Questo caso mette chiaramente in evidenza come le emozioni collegate agli avvenimenti del passato vengono archiviate insieme al ricordo dell’avvenimento e possono addirittura emergere indipendentemente dall’avvenimento primario. È importante sottolineare che siamo di fronte a una reviviscenza dello stato d’animo cioè si riprovano le stesse sensazioni provate ad allora.

La registrazione di questi ricordi rimane intatta anche se viene meno la capacità di rievocarli .Il cervello opera come un vero e proprio registratore ad alta fedeltà incidendo su nastri “neurologici”ogni esperienza dal momento della nascita e forse anche prima.

Queste esperienze registrate e le emozioni associate ad esse possono essere rievocate nel qui ed ora con la stessa forma incisiva in cui avvennero allora. Queste esperienze possono non solo essere rievocate ma anche rivissute cioè non è solo il ricordo dello stato d’animo ma anche una vera e propria reviviscenza di quello che si era provato allora.

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Le decisioni dei bambini

Le decisioni dei bambini

I bambini prendono decisioni che risultano in modelli di comportamento fin dai primi giorni di vita. Nonostante la corteccia cerebrale non sia completamente sviluppata a quell’epoca e nonostante un alto livello di inconsapevolezza, il cervello antico del bambino è comunque in grado di cogliere l’ambiente e di prendere decisioni di sopravvivenza.

Continuiamo a prendere decisioni in ogni età ma le più importanti che determinano la struttura fondamentale della nostra personalità e del nostro carattere sono quelle prese nei primi tre anni di vita. Queste decisioni antiche sono quelle che più influenzano i nostri comportamenti da adulto e su cui sarà più difficile intervenire successivamente.

Alcune decisioni possono essere ricordate altre no e soltanto la psicoterapia consente di ricostruire decisioni prese prima dei sei anni di età. Molte persone rimangono sbigottite quando capiscono che le più importanti decisioni che hanno determinato il loro comportamento erano state prese quando avevano due anni.

Sotto molti punti di vista un bambino appena nato ha già nove mesi di età, in realtà; e quindi possiamo risalire ancora più indietro e prendere in considerazione situazioni della vita intrauterina. Lo stesso Freud suggerì che alcuni modelli principali di difesa iniziano a formarsi già prima della nascita

Quando il bambino nasce reagisce immediatamente a quanto succede intorno a lui; e il bambino appena nato è un elaboratore altamente sofisticato di informazione che molto precocemente conosce qualcosa di ciò che è e di ciò che può fare.

Il bambino di quattro settimane riesce a mettere in relazione il volto della madre alla voce della madre e inizia a riconoscere le differenze tra la madre il padre e gli estranei.

Entro sei settimane inizia a ridere spontaneamente oppure in risposta al riso di altre persone. Entro le 12 settimane capisce se la madre sta parlando con lui o se si rivolge a qualcun altro. A tre mesi riconosce gli oggetti che gli sono familiari e può essere intimorito dagli estranei.

Sempre nel corso dei primi tre mesi il bambino impara velocemente a influenzare il comportamento della madre: piange se ha fame oppure se è bagnato di pipì oppure se vuole essere preso in braccio. Entro il primo anno di vita ha consapevolezza di chi è in quanto persona separata dalla madre. Entro i primi due anni sia i bambini che le bambine hanno un’idea ben definita del loro sesso. Quindi i bambini raccolgono dati e prendono decisioni di primaria importanza per quel che riguarda la loro esistenza e i modelli fondamentali della loro personalità futura.

A causa di queste competenze relazionali così precoci il bambino nel primo anno di età può prendere delle decisioni di sopravvivenza nel caso in cui l’ambiente sia fonte di pericolo reale o immaginario. Queste decisioni sono fortemente influenzate dal fatto che i bambini piccoli sono in una posizione di grande inferiorità perché vivono con persone che hanno molto più potere di loro.

Cioè il bambino piccolo si sente in una situazione di estrema vulnerabilità alle influenze esterne.

Foto di Jonathan Borba su Unsplash

Tre Bambini che si incontrano…. di cui uno in carne ed ossa

Tre Bambini che si incontrano…. di cui uno in carne ed ossa

Parlo qualche giorno fa con un mio caro amico che ha una figlia neonata. Gli chiedo come va e come stanno lui e la moglie. Mi risponde che la bimba cresce e che loro sono abbastanza tranquilli. Abbastanza…. Cosa significa questo avverbio ? In modo sufficiente ? La loro tranquillità è sufficiente anche se potrebbe essere di più.. Insomma mi risuona che forse c’è qualche motivo di non essere “completamente” tranquilli.

Che succede nel mondo interno della persone quando nasce un bambino ? E ancora prima, che succede quando l’idea di un figlio prende corpo e si materializza nell’utero materno ? L’Analisi Transazionale ci permette, ancora una volta, di leggere in modo semplice e immediato le dinamiche psicologiche che vengono messe in moto quando una coppia diventa un terzetto.

Ognuno di noi possiede tre Stati dell’Io: Il Bambino, l’Adulto e il Genitore. Sono insiemi di pensieri, emozioni e comportamenti che determinano la nostra personalità, il nostro modo di essere e le nostre relazioni con gli altri. I genitori di una neonata hanno generalmente una personalità già determinata e un assetto completo degli Stati dell’Io. La neonata inizia a costruire la sua personalità fin dai primissimi momenti ma inizialmente è presente un solo Stato dell’Io: il Bambino. Sappiamo che gli Stati dell’Io Adulto e Genitore acquisiscono una loro dignità psicologica in un secondo tempo.

L’Adulto della mamma e del papà, che è in grado di analizzare la realtà del qui ed ora, può gestire tutti gli aspetti coscienti, razionali e operativi della gravidanza e dei primi mesi di vita del bambino. Il Genitore della mamma e del papà, fornisce affetto e protezione nonché le regole e le norme.

Ma come si pone lo Stato dell’Io Bambino della coppia genitoriale rispetto ad un bambino in carne ed ossa ? Un bambino vero e per certi aspetti puro ? Capire questo, o meglio, sapere qualcosa su ciò che può accadere, è importante e può aiutare ad evitare alcuni comuni errori che le coppie compiono durante i primi mesi di vita dei figli.

Il neonato, cioè il bambino vero, è in una condizione di totale dipendenza dal mondo esterno: ha solo bisogni da soddisfare, comunica solo con il corpo, non è autonomo né autosufficiente, non ha alternative, vive l’ambiente esterno (compresi i genitori) come onnipotente, forte e enorme. Deve affrontare una situazione che inizialmente sembra estremamente sfavorevole e pericolosa rispetto all’ambiente caldo e liquido dell’utero. Ha bisogno di accudimento, affetto e calore. Se i genitori, e soprattutto la mamma, rispondono a questi bisogni, il neonato si sentirà protetto e accudito, acquisirà fiducia nel mondo esterno e si incamminerà verso una personalità sana ed equilibrata. Per far questo i genitori mettono in funzione il loro Genitore Affettivo e, all’inizio in modo limitato, anche quello Normativo. Le parti adulte dei genitori organizzano la vita in modo da gestire al meglio tutte le esigenze di una situazione nuova e sconosciuta.

Ma il neonato necessita di tante cure e assorbe gran parte del tempo dei genitori che nel frattempo devono continuare ad occuparsi di tutto quello che esisteva prima: lavoro, casa, resto della famiglia. Se il neonato dorme poco o dorme con ritmi anomali, la stanchezza diventa una componente fondamentale; ricordo bene i primi mesi della mia primogenita: aveva un alterazione importante dei ritmi circadiani, si addormentava alle 5 del pomeriggio ed era definitivamente sveglia alle 4 del mattino, sempre. Dopo un mese così, aspettavo con gioia i turni di guardia in Ospedale dove avevo più speranze di dormire che a casa !! E non consideriamo per il momento le situazioni con problemi di salute del neonato quando tutto questo può amplificarsi in modo esponenziale.

Quindi i genitori energizzano quasi totalmente gli Stati dell’Io Adulto e Genitore spesso escludendo lo Stato dell’Io Bambino per cui non c’è tempo, spazio, risorse. Il genitore velista in questo periodo dimentica le sue veleggiate, quello calciatore le sue partite, il ciclista le sue uscite in bici, il cuoco le sue ricette, l’atleta la sua palestra. Quelle attività che le persone svolgono per soddisfare le loro parti bambine, devono essere momentaneamente sospese perché il bambino in carne ed ossa ha la precedenza. E non parliamo del sesso !! Se ne riparlerà forse tra 6-8 mesi.

La limitazione o quasi esclusione dello Stato dell’Io Bambino dei genitori è alla base di malesseri e sofferenze psico-fisiche che si ripercuotono negativamente sul bambino vero e di cui nella maggior parte dei casi non si riesce ad avere consapevolezza piena. Alcune volte, lo Stato dell’Io Bambino della mamma è così sotto pressione che invia messaggi potenti al bambino vero che viene vissuto come la causa del problema: “Ti odio !”, “Vattene via !” “Perché sei arrivato ?”.

Tre Bambini- Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

 

 

 

 

Attenzione: non si tratta quasi mai di messaggi verbali coerenti ma di messaggi ulteriori e psicologici veicolati con il corpo, con le emozioni e con i comportamenti. Proprio per questo risultano potenti e in grado di essere recepiti anche da un neonato di pochi mesi che, come detto sopra, utilizza solo comunicazioni non verbali. Gli effetti negativi di questi messaggi non verbali di rifiuto possono essere gravi soprattutto se provenienti dalla madre e se ripetuti nel tempo.

Ho sottolineato il fatto che il rapporto con la madre risulta prioritario almeno nei primi mesi di vita e che i comportamenti, i pensieri e le emozioni della madre sono maggiormente condizionanti. Ciò è legato al dato biologico della simbiosi psico-fisica tra feto e madre che, dopo la nascita, non viene immediatamente abbandonata ma solo gradualmente rimossa. Inoltre, se l’assetto familiare è di tipo patriarcale mono reddito, alla madre viene dato implicito mandato di gestire da sola il bambino poiché il “padre/marito” deve lavorare e sostenere la famiglia.

Come si possono limitare, o idealmente annullare, i messaggi negativi da parte dello Stato dell’Io Bambino dei genitori nei confronti del bambino in carne ed ossa ?

Un punto fondamentale e propedeutico è essere consapevoli di queste dinamiche, ad esempio leggendo post come questo. Ma la consapevolezza da sola spesso non basta. Occorre che i genitori si prendano cura dei loro Bambini (interni, Stati dell’Io) arrabbiati, impauriti, tristi. Come ? Prendendosi degli spazi propri e soddisfacendo bisogni bambini personali. Questo all’inizio può essere difficile da realizzare ma fisiologicamente la situazione tende a migliorare e ci saranno sempre più possibilità di ri-appropiarsi di se stessi. Una buona organizzazione tra madre e padre, l’aiuto dei nonni, una amorevole baby sitter, una sorellina grande e coscienziosa. Esistono evidentemente situazioni particolarmente difficili in cui nulla di tutto questo è realizzabile e poco si può fare di fronte ad un dato di realtà negativo. Esistono poi casi, e sono la maggioranza per la mia esperienza, in cui il principale ostacolo a prendersi cura del proprio Bambino è il proprio Genitore Normativo Critico che sentenzia: “Non c’è tempo per il divertimento !”, “Prenditi cura di tuo figlio”, “Sii una buona madre !” , “I Genitori di oggi non valgono nulla !”.

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Questo dialogo interno è in grado di bloccare il proprio Genitore Affettivo che invece suggerisce: “se lasci il bambino 2 ore con la babysitter puoi andare in palestra e scaricarti”.

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Riassumendo possiamo così delineare la tattica per consentire al proprio Bambino di allentare la pressione cui è sottoposto:

1 – prendere consapevolezza della cosa

2 – silenziare il Genitore interno critico e giudicante

3 – dare permessi compatibili con la realtà attivando il Genitore Affettivo interno.

Tre bambini che si incontrano possono creare una notevole confusione; il bambino vero non ha scelte mentre i Bambini interni del papà e della mamma hanno dalla loro il Genitore Affettivo interno che può prendersi cura di loro. E se questo accade il Bambino di mamma e papà non invierà più minacciosi messaggi al bambino vero.

Le “carezze” cioè la fame di  stimoli affettivi e sociali

Le “carezze” cioè la fame di stimoli affettivi e sociali

L’uomo ha bisogno di stimolazioni fin dalla nascita: i neonati che non ricevono stimolazioni fisiche vanno incontro a deterioramento fisico, a malattie e anche alla morte. Negli anni 40 René Spitz descrisse l’importanza delle stimolazioni per la sopravvivenza dell’uomo sottolineando come l’assenza di stimoli nei neonati degli orfanotrofi producesse danni irreversibili sia sullo sviluppo del corpo che su quello della mente. Eric Berne affermava che la mancanza di stimoli emotivi e sensoriali produce un effetto a catena che può culminare nella morte; cioè, per la sopravvivenza dell’uomo la fame di stimoli ha la stessa importanza della fame di cibo.

La fame di stimoli è così importante che è preferibile una stimolazione spiacevole rispetto all’assenza completa di stimoli. Quindi l’uomo per sopravvivere deve soddisfare sia i bisogni fisici (fame, sete, freddo, etc) sia quelli socio-affettivi.

Qualsiasi atto che comporti il riconoscimento della presenza dell’altro è definito nel modello teorico dell’analisi transazionale come carezza. Nei primi mesi di vita il bambino ha una grande fame di carezze soprattutto fisiche senza le quali può ammalarsi e morire. In condizioni di normalità il bambino crescendo aggiunge alle carezze fisiche quelle sensoriali e di riconoscimento e in questo processo evolutivo l’ambiente, costituito principalmente dai genitori, ricopre un ruolo fondamentale. Se l’ambiente sarà disposto ad accogliere i bisogni del bambino con una risposta adeguata, il bambino imparerà a riconoscere questi bisogni, ad esprimerli liberamente e a far si che possano essere soddisfatti. Se invece l’ambiente svaluterà questi bisogni , squalificandoli, sminuendoli e non dando risposta, il bambino imparerà a reprimere i bisogni o a esprimerli in modo distorto.

Le carezze che si ricevono dai genitori quindi, cioè le risposte che i genitori forniscono alle richieste di soddisfazione dei bisogni del bambino, costituiscono un potentissimo strumento di riconoscimento e quindi di rinforzo positivo o negativo delle strutture di personalità che si formano nei primi anni di vita. Le carezze possono essere metaforicamente paragonate ai nutrienti essenziali (ad esempio le vitamine) la cui presenza o assenza determina l’evoluzione e la crescita nella struttura della persona.

Se l’ambiente, cioè i genitori, è più favorevole a fornire carezze negative rispetto a quelle positive, il bambino si accontenterà delle prime e userà i comportamenti utili per riceverle. Ad esempio, un bambino che si sente ignorato e percepisce le attenzioni dei genitori solo quando combina qualche guaio, per essere riconosciuto, anche se attraverso carezze negative, impara a combinare guai e in questo modo soddisfa la sua fame di riconoscimento. Lo stesso può accadere se l’unico modo per essere accuditi è ammalarsi: si impara ad utilizzare le malattie come strumento per ottenere riconoscimento e affetto.

Durante lo sviluppo psico-evolutivo il bambino modifica, integra e aumenta il suo bisogno di carezze passando dalle carezze incondizionate (cioè per l’essere) e prevalentemente fisiche a quelle condizionate (cioè per il fare) e verbali che siano in grado di riconoscere le sue capacità e il funzionamento del suo pensiero all’inizio solo intuitivo ed analogico ma successivamente logico e razionale.

In qualsiasi momento evolutivo le carezze incondizionate sull’essere sono un’esigenza primaria. Le carezze incondizionate sono rivolte a caratteristiche naturali della persona che non deve fare nulla per riceverle cioè sono dirette ad attributi naturali che non possono essere acquisiti (maschio, alto, bruno, bello, con gli occhi chiari, etc). Poiché le persone non hanno scelte riguarda questi attributi, le carezze incondizionate vengono vissute in maniera molto intensa.

Tuttavia la maggior parte delle carezze sono dirette al fare e sono condizionate dal comportamento delle persone. Le carezze condizionate, sia positive che negative, sono spesso utilizzate per influenzare le azioni delle persone e per fornire riscontro. Quando vengono utilizzate in modo appropriato e coerente, le carezze condizionate sono un potente strumento con cui le persone sane e adeguate apprendono nuovi comportamenti.

Le persone cercano carezze con modalità diverse; quantitativamente, probabilmente il bisogno di carezze è uguale per tutti. Esistono differenze legate ai tratti di personalità e differenze legate ai livelli esistenti di benessere economico, alle abitudini culturali ed educative. L’educazione da parte dei genitori ha un effetto determinante sulle modalità con cui le persone cercheranno carezze nella loro vita. Io sono ok-tu sei ok implica che nessuno è inferiore, che tutti hanno diritto ad avere un trattamento pari ad ogni altro e a vedere soddisfatte le proprie esigenze, incluso il bisogno innato di carezze. Purtroppo questo non avviene sempre. La maggior parte delle persone si comportano come se le carezze fossero un bene raro e quindi come se gli altri fossero dei concorrenti o dei nemici che causano una restrizione nella disponibilità di carezze. Quando la disponibilità di carezze è limitata, l’uomo mette in atto delle strategie particolari per gestire il suo patrimonio di carezze in modo da essere sempre nelle condizioni di soddisfare il proprio bisogno di stimoli.

Oltre agli stimoli che giungono dalle altre persone e dal mondo esterno (Carezze esterne) le persone possono accarezzarsi anche con i ricordi, con le fantasie o con una sensazione interna (Carezze interne). Le carezze interne svolgono la stessa funzione di allentamento della tensione, di allontanamento da situazioni percepite come pericolose e di mantenimento dell’equilibrio interno. Si ricorre alle carezze interne ogni qualvolta la realtà, o la nostra percezione di essa, ci propone una carenza di carezze esterne.

Le carezze negative sono molto più potenti di quelle positive: basti pensare che si può urlare e dare sfogo alla rabbia gridando e pestando i piedi con forza mentre l’amore non può essere espresso con altrettanta forza. A questo si aggiunge il fatto che l’uomo è psicologicamente strutturato in modo tale che le carezze negative hanno un impatto più forte. Ciò è legato al nostro istinto di sopravvivenza che prevede una reazione agli stimoli negativi più potente rispetto alla reazione agli stimoli positivi.

Capire, prevenire e cambiare i comportamenti con l’analisi delle transazioni

Capire, prevenire e cambiare i comportamenti con l’analisi delle transazioni

L’analisi transazionale è una teoria della personalità, una metodologia per analizzare il comportamento delle persone e un tipo di psicoterapia.

Il termine ”analisi transazionale” deriva dall’aspetto centrale di questa impalcatura teorica, cioè l’analisi delle transazioni che possono essere definite come gli scambi relazionali tra le persone, cioè le manifestazioni esterne del rapporto sociale. Eric Berne definì la transazione come ”l’unità del rapporto sociale” e la indicò come uno scambio di carezze tra due persone in cui una ha funzione di stimolo mentre l’altra di risposta. Va chiarito che il termine carezza, generalmente inteso nel senso di un intimo contatto fisico, è qui riferito a qualunque atto che comporti il riconoscimento della presenza di un’altra persona. In questo senso le carezze sono l’unità fondamentale del rapporto sociale. Una conversazione, quindi, è costituita da una serie di transazioni collegate tra loro.

Attraverso l’analisi delle transazioni è possibile capire come funzionano le persone, prevenire comportamenti disfunzionali e indurre cambiamenti. Le persone infatti esprimono le proprie convinzioni su se stesse, sugli altri e sulla realtà attraverso il comportamento e la comunicazione.

Le transazioni si svolgono tipicamente a catena: parte uno stimolo che sollecita una risposta che a sua volta diventa uno stimolo di ritorno. Sia lo stimolo che la risposta possono essere sia comunicazioni (verbali e non verbali) oppure comportamenti.

Stimolo/risposta AT - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

 

Quando si inizia una transazione o si risponde uno stimolo che proviene da un’altra persona, esistono varie opzioni relativamente agli Stati dell’Io che vengono utilizzati da chi trasmette lo stimolo e da chi lo riceve.Lo stimolo è generato da un determinato stato dell’Io di chi trasmette e provocherà la risposta di uno dei tre stati dell’Io di chi riceve. Tanto più persona e sana tanto più può utilizzare liberamente i propri stati dell’Io e scegliere il tipo di transazione. In realtà, sia lo stimolo che la risposta possono provenire da due Stati dell’Io nel caso in cui il messaggio che viene inviato contenga sia una componente esplicita-sociale che una componente ulteriore/ psicologica. (vedi avanti transazioni ulteriori)

Stimolo/risposta AT - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

La rappresentazione grafica delle transazioni prevede dei semplici vettori con linea continua (messaggi sociali) o tratteggiata (messaggi psicologici)

Stimolo/risposta AT - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

La direzione dei vettori e il numero di stati dell’Io coinvolti nella transazione determinano tre tipologie principali di transazione.
1.Transazioni complementari: i vettori di stimolo e risposta sono paralleli e provengono da stati dell’Io uguali o complementari; le caratteristiche delle transazioni complementari sono tre:

  1. la risposta deriva dallo stesso stato dell’Io a cui lo stimolo è stato diretto
  2. la risposta torna allo stesso stato dell’Io che ha fatto partire lo stimolo
  3. il livello verbale/sociale/esplicito del messaggio è congruente con quello non verbale/psicologico/implicito

Ecco alcuni esempi:

Transazione complementare - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Stimolo: richiesta di dati reali – Risposta:  invio di dati reali

Transazione complementare - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Stimolo: Emozione spiacevole (paura) – Risposta: giudizio critico

Transazione complementare - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Stimolo: emozione piacevole (gioia) – Risposta:  emozioni piacevole (gioia)

Nelle transazioni complementari spesso la risposta è soddisfacente poiché proviene dallo stesso stato dell’Io da cui è partito lo stimolo o da uno stato dell’Io complementare; questa “soddisfazione” nella transazione fa sì che essa possa teoricamente prolungarsi con la ripetizione di stimoli e risposte complementari. Si intende qui per soddisfazione una condizione di appagamento di aspettative sia piacevoli che spiacevoli, in assenza di incognite e reazioni poco conosciute. In altre parole: le persone si scambiano “carezze”, sia positive che negative, ottenendo rinforzi e conferme, sia positivi che negativi. 1^ regola della comunicazione: nelle transazioni complementari lo scambio può teoricamente prolungarsi all’infinito.

2.Transazioni incrociate: la risposta proviene da uno stato dell’Io diverso da quello sollecitato e sono coinvolti più Stati dell’Io; conseguentemente i vettori si incrociano. Ecco alcuni esempi:

Transazione incrociata - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Stimolo: Giudizio critico negativo – Risposta:  analisi di realtà

Transazione incrociata - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Stimolo: richiesta di dati – Risposta:  Giudizio critico negativo

Nelle transazioni incrociate la “soddisfazione” delle parti non si realizza in quanto la risposta proviene da uno stato dell’Io diverso e non complementare: le aspettative non vengono rispettate, succede qualcosa di non previsto e sconosciuto; questo fa sì che la transazione tende a concludersi e la comunicazione a interrompersi. Questa caratteristica delle transazioni incrociate può essere utilizzata in modo volontario quando si intende interrompere una comunicazione disfunzionale e non piacevole. 2^ regola della comunicazione: nelle transazioni incrociate lo scambio tende a interrompersi e/o inizia una comunicazione su qualcosa di diverso.

3. Transazioni ulteriori: contengono un doppio messaggio: quello sociale, esplicito e quello psicologico, non esplicito non congruenti. Il messaggio sociale è ciò che la persona apparentemente sta comunicando mentre quello psicologico è ciò che la persona vuole comunicare in modo sottinteso e spesso non consapevole. La componente psicologica è generalmente veicolata utilizzando gli aspetti non verbali della comunicazione e/o comportamenti. Ecco alcuni esempi:

Transazione ulteriore - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Apparente domanda su dati reali con implicito (nascosto) tentativo di convincere

Transazione ulteriore - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Apparente domanda su dati reali con implicito (nascosto) giudizio critico negativo

Nelle transazioni ulteriori si evidenzia la 3^ regola della comunicazione: quando il messaggio sociale e quello ulteriore non coincidono l’esito della transazione è  determinato dalla componente psicologica implicita a causa della maggiore potenza della comunicazione non verbale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il copione della vita: decisioni di sopravvivenza fin dai primordi

Il copione della vita: decisioni di sopravvivenza fin dai primordi

Decidere significa fare una scelta o arrivare ad una conclusione: la parola decisione è largamente usata in analisi transazionale. Le persone decidono qualcosa in risposta a stimoli ambientali o interni; quelle del “qui e ora” sono prese per risolvere problemi spesso banali e quotidiani e poco incidono sul nostro comportamento e sulla nostra personalità: “non so se andare al cinema o andare in bicicletta….domani piove…meglio andare in bicicletta oggi”.

Esistono invece delle decisioni (con la D maiuscola) che vengono prese in risposta a situazioni importanti e che possono condizionare la nostra vita, che causano dei modelli stabili di comportamento. Queste scelte possono essere compiute in modo consapevole o inconsapevole e si tratta spesso di decisioni di sopravvivenza per far fronte a problematiche ambientali.

Per “sopravvivere” in età infantile a problemi ambientali molto più grandi dei bambini occorre spesso svalutare (reprimere, ignorare, nascondere) bisogni, esigenze e sentimenti che invece vorremmo manifestare e praticare.

Pallina ha 4 mesi e quando sente lo stimolo della fame piange: non c’è altro modo per attirare l’attenzione della madre e ottenere il latte; la mamma di Pallina è stata molto provata dalla gravidanza e ancora non ha recuperato la fatica e le privazioni che ha comportato soprattutto in campo lavorativo; non ha ancora ripreso a lavorare ma vuole studiare per tentare un avanzamento di carriera. Quando Pallina piange e deve prendersi cura di lei si infastidisce perché deve interrompere lo studio; cerca di risolvere il problema nel minor tempo possibile e a volte non riesce a trattenere malessere e rabbia e inveisce contro Pallina. Pallina impara presto che quando ha fame e piange la mamma si arrabbia e diventa aggressiva e crede di poter morire a causa di questo; decide allora di reprimere e di non sentire la fame perché in quel modo la mamma è tranquilla e non si arrabbia. Pallina impara che se si manifestano i propri bisogni i grandi si arrabbiano ed è meglio negarli. Da adulta ignorerà i propri bisogni e le proprie emozioni per compiacere gli altri e per paura di essere aggredita.

Se queste decisioni infantili (decisioni di copione) vengono rafforzate e ripetute diventano parte di un sistema di risposte stabili e ripetute, di una sorta di commedia che si recita per sopravvivere al mondo, una commedia con un copione stabilito.

Le decisioni di copione sono la struttura dei sentimenti e dei comportamenti non piacevoli, sgraditi, dolorosi, negativi, pessimisti, distruttivi… in una parola …Non OK.

Il copione è quindi il piano di vita personale che ciascun individuo decide in giovane età in risposta alla sua interpretazione degli avvenimenti sia esterni che interni.

Le decisioni di copione possono essere prese a qualsiasi età: minore è l’età maggiore è l’importanza delle conseguenze di tali decisioni e più difficile sarà ricostruirle ed eventualmente abolirle e pensare/agire in modo diverso. Le più importanti decisioni che determinano la struttura fondamentale del carattere di una persona vengono presi di solito all’età di due o tre anni. Altre decisioni importanti si verificano generalmente intorno a sei anni, altre ancora nell’adolescenza e anche più tardi.

E’ evidente che si possono ricordare facilmente decisioni prese in tarda infanzia o adolescenza mentre è molto difficile, anche con l’aiuto della psicoterapia, avere coscienza di decisioni prese prima dei 3 anni. Riconoscere che abbiamo deciso parti primarie del nostro piano vita all’età di 2 anni può essere sorprendente e impaurente soprattutto a causa del diffuso preconcetto che l’infanzia è periodo idilliaco con scarsa consapevolezza di problemi, conflitti, mancanze.

Nella realtà, invece, sappiamo sempre di più delle competenze del neonato e del feto: lo stesso Freud ipotizzava che i nostri principali modelli di difesa si formano nella vita intrauterina.

Per capire fino in fondo questo, occorre per prima cosa abolire il preconcetto della inconsapevolezza dei neonati e degli infanti.

Il bambino appena nato e in grado di reagire a quanto si verifica intorno a lui. Michael Lewis dice che: “ un bambino è un elaboratore altamente sofisticato di informazioni che in età estremamente precoce conosce qualcosa di ciò che è e di ciò che può fare”.

  • Un bambino di quattro settimane collega il volto della madre alla sua voce e inizia a distinguere tra lei il padre e gli estranei.
  • Un bambino di sei settimane ride spontaneamente e/o in risposta a stimoli esterni.
  • Un bambino di dodici settimane capisce se la madre sta parlando a lui o ad altri.
  • Un bambino di tre mesi riconosce gli oggetti che non gli sono familiari e può avere timore degli estranei.
  • Un bambino di tre mesi impara a condizionare il comportamento della madre: piange se vuole mangiare o se vuole essere cambiato o se vuole essere toccato e preso in braccio. Se la mamma distoglie lo sguardo da lui si agita e piagnucola finchè la madre non si occupa nuovamente di lui.
  • Tra i 9 e i 12 mesi comincia ad avere consapevolezza di chi è (senso del sé) come persona separata dalla madre e tra i 15 e i 18 mesi la sua auto-identità è discretamente determinata.
  • Entro i 2 anni hanno un’idea ben definita del loro sesso.

Quindi: fin dai primi giorni di vita i bambini gestiscono e archiviano dati e prendono decisioni di primaria importanza per la loro esistenza e per i modelli fondamentali della loro personalità.

Fortunatamente, quello che è stato deciso una volta (là ed allora) e che ha condizionato inconsapevolmente il nostro modo di essere e di fare, può essere riconosciuto, compreso, accettato ed eventualmente ri-deciso (qui ed ora)

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Posizioni esistenziali

Posizioni esistenziali

Come ci poniamo rispetto alla vita ? Come vediamo noi stessi e come vediamo la nostra esistenza ? Come vediamo noi stessi rispetto agli altri ? Come vediamo l’esistenza e la vita degli altri ?

Per cercare di rispondere a queste domande e avere dei modelli semplici con cui le persone e i comportamenti si possano classificare e quindi capire, l’analisi transazionale individua quattro possibili posizioni esistenziali ” che le persone attivano nella vita.

La decisione di assumere una determinata posizione è presa in epoca antica, nella nostra prima infanzia in risposta agli stimoli ambientali che riceviamo. I genitori e tutte le altre figure di attaccamento determinano la soddisfazione o insoddisfazione dei nostri bisogni e su queste basi prendiamo decisioni sul nostro valore, sul valore degli altri e sulla vita in genere e scegliamo quale copione recitare sul palcoscenico della nostra vita presente e futura.

Le “posizioni esistenziali” descrivono come una persona vede sé e gli altri e influenzano di conseguenza il modo secondo il quale ciascun individuo pensa, agisce ed entra in rapporto con l’altro.

La relazione ha due poli: l’individuo e l’altro, che può essere sia una persona che una situazione, e ciascuno dei due poli può essere vissuto come positivo o negativo.

Io sono OK – Tu sei OK  (Sano e costruttivo)

E’ la posizione nei confronti della vita positiva, ottimista,  concreta e “problem solving”. L’altro è una risorsa che viene accettata e con cui si può collaborare. Non scarico sull’altro le responsabilità o, al contrario, non colpevolizzo me stesso per ciò che non è andato a buon fine.

Ci si sente uguale nella differenza: io sono ok come te, pur essendo diverso da te che sei ok. C’è un atteggiamento di ascolto autentico per capire il punto di vista dell’altro e integrare su questo aspetto più approcci differenti necessari alla ricerca in comune di una soluzione.

Le persone che sono in questa posizione hanno spesso alcune o molte delle seguenti caratteristiche:

  • non giudicano e accettano gli altri
  • hanno una buona autostima
  • sono assertivite e fiduciose
  • ascoltano e comunicano in modo diretto, chiaro, spontaneo
  • hanno aspettative realistiche da sé e dagli altri
  • sono flessibili
  • sono comprensive, tolleranti, disponibili
  • non nascondono le emozioni
  • sono ottimiste e tendono a risolvere il problemi

Io sono OK – Tu non sei OK (Paranoide o Proiettivo)

Svaluto l’altro e  supervaluto me stesso: la persona si relaziona attraverso il dominio el’esibizione di sé con un comportamento aggressivo, rifiutante e accusatorio. E’ tutta colpa degli altri e le responsabilità personali non esistono. In realtà si sentono vittime e perseguitate e per difendersi da questa idea vittimizzano e accusano gli altri. Spesso si sentono imbrogliate, odiano e incolpano gli altri per le proprie disgrazie, negando di avere un problema personale.

Se ascoltano, lo fanno solo per capire le differenze con i punti di vista dell’altro e per scoprire la falla altrui in modo da poter imporre il loro modo di vedere le cose.

Le persone che sono in questa posizione hanno spesso alcune o molte delle seguenti caratteristiche:

  • sono giudicanti e accusatorie, rigide e estremiste
  • sono impazienti, competitive, invadenti, prevaricanti, aggressive, autoritarie
  • hanno grande stima di sé e non riconoscono i diritti altrui
  • hanno bisogno di relazionarsi con persone remissive, fragili e con bassa autostima

Io non sono OK – Tu sei OK (Depressiva)

Svaluto me stesso e  supervaluto l’altro ritenuto più forte e più potente. Dipendono dagli altri e sono inadeguate e incapaci di affrontare le situazioni.

A poco a poco il soggetto si ritira dalla relazione con gli altri, cade nella depressione e ritiene che la sua vita non valga molto. Se ascoltano è solo per compiacere.

Le persone che sono in questa posizione hanno spesso alcune o molte delle seguenti caratteristiche:

  • hanno scarsa autostima con atteggiamenti vittimistici e perdenti
  • non accettano complimenti o sollecitazioni positive
  • si sentono a disagio nelle relazioni
  • sono depresse, ansiose, autocritiche, sottomesse, scusanti, timorose, timide, silenziose, appartate

Io Non sono OK – Tu non sei OK  (Inutilità)

Svaluto me stesso e  l’altro. “Non si può fare niente”. Rassegnazione e depressione.

Percepite come disinteressate verso gli altri, chiuse, negative e pessimiste.

Le persone che sono in questa posizione hanno spesso alcune o molte delle seguenti caratteristiche:

  • hanno scarsa autostima
  • sono depresse e senza speranze, rassegnate all’infelicità
  • sentono che tutto è inutile
  • non assumono iniziative, scaricano problemi e difficoltà

Ogni persona ha una posizione esistenziale “preferita” e che sente sua sulla base di antiche decisioni di sopravvivenza; tuttavia è possibile che la stessa persona assuma posizioni diverse sulla base degli stimoli ambientali e dei momenti di vita. Inoltre, anche la posizione che preferiamo, e che probabilmente usiamo più spesso o sempre, può essere rivista sulla base di nuove esperienze, di nuove consapevolezze e di nuove relazioni.

Patologia degli stati dell’io

Patologia degli stati dell’io

Una persona si comporta in modo sano quando è in grado di utilizzare tutti gli Stati dell’Io in modo appropriato e conveniente alla situazione ambientale del momento

Valutazione degli Stati dell’Io

Berne osservò che i tre Stati dell’Io hanno quattro caratteristiche:

1) potere esecutivo, cioè il potere che hanno di assumere il controllo dell’attività neuromuscolare di una persona;

2) adattabilità, cioè la capacità di rispondere a stimoli social attraverso il comportamento;

3)  fluidità biologica, cioè la capacità di cambiare ed evolversi;

4) intelligibilità, per cui ogni individuo può dire in quale Stato dell’Io si trovi in un dato momento.

Attraverso queste proprietà è possibile capire gli Stati dell’Io sia in se stessi che negli altri in quattro ambiti: comportamentale, sociale, storica e fenomenologica; quando tutte e quattro convergono su uno stesso Stato la diagnosi è la più certa.

Comportamentale: consiste nell’osservazione del comportamento di una persona, del tono di voce, della postura, dei gesti dei discorsi etc.

Sociale: consiste nell’osservazione dello stato dell’Io suscitato negli altri, la diagnosi si fa osservando il genere di transazioni che una persona ha con gli altri.

Storica: consiste nell’investigare la storia passata del paziente, per vedere se la persona reagisce come reagiva da bambino (probabile stato dell’Io bambino) oppure se reagisce come i suoi genitori facevano allora (probabile stato dell’Io genitore).

Fenomenologica: consiste nel rivivere il momento in cui una data esperienza di uno stato dell’Io venne provata originariamente.

Patologia degli Stati dell’Io

Una persona si comporta in modo sano quando è capace di energizzare uno stato dell’Io a sua scelta e più adatto alla situazione ed è capace di valutare la realtà dal punto di vista Adulto senza che i pregiudizi del Genitore o le paure del Bambino non diventino informazioni per questo.

Si parla di patologia dello stato dell’Io quando i confini dell’Adulto di una persona crollano ed esso è contaminato o dal Bambino o dal Genitore o da entrambi. Emerge la contaminazione del Bambino attraverso fobie, superstizioni, fissazioni per cui l’individuo usa vecchi vissuti per una inappropriata valutazione del qui e ora. Mentre siamo di fronte ad una contaminazione del Genitore quando l’individuo usa come dati di fatto pregiudizi e motti genitoriali. L’ Adulto può essere contaminato contemporaneamente sia dal Genitore che dal Bambino: quando i messaggi genitoriali sono potenti possono risvegliare nel Bambino forti emozioni e entrambi possono contaminare l’Adulto.

Esclusioni: un’altra patologia è presente quando uno o due Stati dell’Io dominano il comportamento di un individuo. Lo stato dell’Io dominante si chiama costante o escludente mentre lo stato dell’Io che non è usato si dice escluso. Nessuna esclusione però è totale, anche uno stato dell’Io escluso contiene energia legata, e così continua a rispondere in qualche modo agli stimoli esterni. A seconda dell’esclusione si hanno caratteristiche diverse della persona: quando il G è escluso la persona non si prende cura degli altri, quando è escluso l’A la persona è in una situazione cronica di turbolenza, quando è escluso il B la persona manca di spontaneità e allo stesso tempo di dispiacere profondo. Le persone fredde, molto razionali hanno un A esclusore, la persona che invece vive solo secondo norme e principi, ha un G esclusore infine in chi vive secondo l’impulso del momento ha il B l’esclusore.