Il copione della vita: decisioni di sopravvivenza fin dai primordi

Il copione della vita: decisioni di sopravvivenza fin dai primordi

Decidere significa fare una scelta o arrivare ad una conclusione: la parola decisione è largamente usata in analisi transazionale. Le persone decidono qualcosa in risposta a stimoli ambientali o interni; quelle del “qui e ora” sono prese per risolvere problemi spesso banali e quotidiani e poco incidono sul nostro comportamento e sulla nostra personalità: “non so se andare al cinema o andare in bicicletta….domani piove…meglio andare in bicicletta oggi”.

Esistono invece delle decisioni (con la D maiuscola) che vengono prese in risposta a situazioni importanti e che possono condizionare la nostra vita, che causano dei modelli stabili di comportamento. Queste scelte possono essere compiute in modo consapevole o inconsapevole e si tratta spesso di decisioni di sopravvivenza per far fronte a problematiche ambientali.

Per “sopravvivere” in età infantile a problemi ambientali molto più grandi dei bambini occorre spesso svalutare (reprimere, ignorare, nascondere) bisogni, esigenze e sentimenti che invece vorremmo manifestare e praticare.

Pallina ha 4 mesi e quando sente lo stimolo della fame piange: non c’è altro modo per attirare l’attenzione della madre e ottenere il latte; la mamma di Pallina è stata molto provata dalla gravidanza e ancora non ha recuperato la fatica e le privazioni che ha comportato soprattutto in campo lavorativo; non ha ancora ripreso a lavorare ma vuole studiare per tentare un avanzamento di carriera. Quando Pallina piange e deve prendersi cura di lei si infastidisce perché deve interrompere lo studio; cerca di risolvere il problema nel minor tempo possibile e a volte non riesce a trattenere malessere e rabbia e inveisce contro Pallina. Pallina impara presto che quando ha fame e piange la mamma si arrabbia e diventa aggressiva e crede di poter morire a causa di questo; decide allora di reprimere e di non sentire la fame perché in quel modo la mamma è tranquilla e non si arrabbia. Pallina impara che se si manifestano i propri bisogni i grandi si arrabbiano ed è meglio negarli. Da adulta ignorerà i propri bisogni e le proprie emozioni per compiacere gli altri e per paura di essere aggredita.

Se queste decisioni infantili (decisioni di copione) vengono rafforzate e ripetute diventano parte di un sistema di risposte stabili e ripetute, di una sorta di commedia che si recita per sopravvivere al mondo, una commedia con un copione stabilito.

Le decisioni di copione sono la struttura dei sentimenti e dei comportamenti non piacevoli, sgraditi, dolorosi, negativi, pessimisti, distruttivi… in una parola …Non OK.

Il copione è quindi il piano di vita personale che ciascun individuo decide in giovane età in risposta alla sua interpretazione degli avvenimenti sia esterni che interni.

Le decisioni di copione possono essere prese a qualsiasi età: minore è l’età maggiore è l’importanza delle conseguenze di tali decisioni e più difficile sarà ricostruirle ed eventualmente abolirle e pensare/agire in modo diverso. Le più importanti decisioni che determinano la struttura fondamentale del carattere di una persona vengono presi di solito all’età di due o tre anni. Altre decisioni importanti si verificano generalmente intorno a sei anni, altre ancora nell’adolescenza e anche più tardi.

E’ evidente che si possono ricordare facilmente decisioni prese in tarda infanzia o adolescenza mentre è molto difficile, anche con l’aiuto della psicoterapia, avere coscienza di decisioni prese prima dei 3 anni. Riconoscere che abbiamo deciso parti primarie del nostro piano vita all’età di 2 anni può essere sorprendente e impaurente soprattutto a causa del diffuso preconcetto che l’infanzia è periodo idilliaco con scarsa consapevolezza di problemi, conflitti, mancanze.

Nella realtà, invece, sappiamo sempre di più delle competenze del neonato e del feto: lo stesso Freud ipotizzava che i nostri principali modelli di difesa si formano nella vita intrauterina.

Per capire fino in fondo questo, occorre per prima cosa abolire il preconcetto della inconsapevolezza dei neonati e degli infanti.

Il bambino appena nato e in grado di reagire a quanto si verifica intorno a lui. Michael Lewis dice che: “ un bambino è un elaboratore altamente sofisticato di informazioni che in età estremamente precoce conosce qualcosa di ciò che è e di ciò che può fare”.

  • Un bambino di quattro settimane collega il volto della madre alla sua voce e inizia a distinguere tra lei il padre e gli estranei.
  • Un bambino di sei settimane ride spontaneamente e/o in risposta a stimoli esterni.
  • Un bambino di dodici settimane capisce se la madre sta parlando a lui o ad altri.
  • Un bambino di tre mesi riconosce gli oggetti che non gli sono familiari e può avere timore degli estranei.
  • Un bambino di tre mesi impara a condizionare il comportamento della madre: piange se vuole mangiare o se vuole essere cambiato o se vuole essere toccato e preso in braccio. Se la mamma distoglie lo sguardo da lui si agita e piagnucola finchè la madre non si occupa nuovamente di lui.
  • Tra i 9 e i 12 mesi comincia ad avere consapevolezza di chi è (senso del sé) come persona separata dalla madre e tra i 15 e i 18 mesi la sua auto-identità è discretamente determinata.
  • Entro i 2 anni hanno un’idea ben definita del loro sesso.

Quindi: fin dai primi giorni di vita i bambini gestiscono e archiviano dati e prendono decisioni di primaria importanza per la loro esistenza e per i modelli fondamentali della loro personalità.

Fortunatamente, quello che è stato deciso una volta (là ed allora) e che ha condizionato inconsapevolmente il nostro modo di essere e di fare, può essere riconosciuto, compreso, accettato ed eventualmente ri-deciso (qui ed ora)

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Dimmi come usi il cellulare e ti dirò chi sei

Dimmi come usi il cellulare e ti dirò chi sei

Il modo di comunicare e di relazionarsi condiziona da sempre il successo di una relazione sentimentale. Le similitudini di valori e attitudini nella comunicazione giocano infatti un ruolo primario per la soddisfazione del rapporto. Livelli simili nella coppia di capacità di supporto, di conforto, di gestione dei conflitti e intelligenza emotiva predicono un buon livello di soddisfazione della relazione.

Uno studio recentissimo comparso su Computers in human behavior  evidenza che il successo delle relazioni sentimentali è prevedibile e correlato ad alcuni aspetti dei messaggi digitali inviati con lo Smartphone come la frequenza dei messaggi, il modo di salutare, la velocità di risposta. Quando la coppia percepisce similitudini in questi parametri sembra che le probabilità di una relazione duratura e felice aumentino.

L’uso dei messaggi digitali è una realtà pervasiva della nostra società; il 98 % dei giovani americani (18-29 anni) possiede uno Smartphone, il 79 % dei possessori di Smartphone usa i messaggi, gli studenti prima della laurea spendono in media 90 minuti al giorno leggendo e inviando messaggi. Quindi c’era da aspettarsi che anche il successo di coppia sia ormai affidato a come usiamo il cellulare.

A rendere la cosa ancora più significativa, o inquietante, c’è il dato che le somiglianze nel messaggiare influenzano la “prognosi” della coppia al di là di altre variabili fondamentali come gli stili di attaccamento, il sesso e la durata della relazione. Per fortuna lo studio ha delle importanti limitazioni data la preponderanza di donne e di persone eterosessuali.

Insomma dipendiamo sempre di più dal cellulare e dal web e la “relazione” con il cellulare è diventata primaria e insostituibile; è sufficiente dare uno sguardo sui tavoli di un ristorante e vedere ognuno con la sua “arma” appoggiata sul tavolo pronta per essere usata.

E a proposito di stili di attaccamento…quanto siamo attaccati al nostro cellulare ? quanto dipendiamo dal cellulare ? L’attaccamento al cellulare riflette il nostro stile di attaccamento e sostituisce la coperta di Linus ? Più che predire il successo di un rapporto amoroso, l’uso che facciamo del nostro telefonino parla di noi e può aiutare a capire gli altri.

Ringraziamenti: Luca Sancricca per un suo recente post su LinkedIn che ha stimolato queste riflessioni