La depressione può essere una malattia terminale ?

La depressione può essere una malattia terminale ?

Un ingegnere di Albavilla (Como) affetto da “depressione” ha nei giorni scorsi utilizzato il suicidio assistito che è attualmente disponibile in Svizzera. La Procura di Como ha aperto un fascicolo per sospetto reato di istigazione al suicidio. La stampa non specializzata è ricca di report sull’argomento e si chiede se la “depressione” può essere considerata una malattia terminale assimilabile a quelle condizioni “compatibili” con una richiesta di eutanasia e di suicidio assistito.

Il problema è naturalmente particolarmente sentito per gli addetti ai lavori (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri) per i quali la “depressione” è tra delle condizioni di malessere psichico più frequenti e significative.

Chi scrive non è in grado di fornire una risposta definitiva e supportata da evidenze alla domanda che i media si pongono ma ritiene estremamente utile chiarire alcuni punti che la maggioranza, se non totalità, dei report on line ignorano.

Partiamo dalla presenza delle virgolette sulla parola depressione, utilizzate più di una volta in questo post. I disturbi depressivi includono una varietà di condizioni psichiche anche molto diverse tra loro con diagnosi, terapia e prognosi diverse. Le scienze psicologiche hanno negli anni rivisto la classificazione dei disturbi depressivi a testimonianza che non siamo completamente consapevoli dei meccanismi profondi che causano la depressione e, quindi, è molto probabile che il futuro ci riserverà sorprese piacevoli in termini di terapia e di prognosi. Le neuroscienze progrediscono a velocità impressionanti e sappiamo oggi cose che solo 10 anni fa erano considerate appartenere alla fantascienza. Non conosciamo la tipologia della depressione che affliggeva il paziente di Como; per certo il pensiero suicidario era presente facilitato dal sapere che si può essere aiutati a morire evitando l’estremo atto autodistruttivo da porre in atto in autonomia e in solitudine. E’ quindi evidente che si trattava di un paziente grave.

Altro punto che colpisce è la frequenza del disturbo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione colpisce 322 milioni di persone nel mondo e, quindi, è un’importante causa di disabilità planetaria, con un aumento del 18% di depressi stimato tra il 2005 e il 2015.

Altre ricerche epidemiologiche recenti mostrano che l’incidenza di stati depressivi è correlata anche con l’eventuale presenza di allergie alimentari o intolleranze come la celiachia. La depressione maggiore è attualmente la principale causa di malattia in Nord America e la quarta causa di disabilità in tutto il mondo. Nel 2030, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, prevede che possa essere la seconda causa di malattia in tutto il mondo dopo l’AIDS.

E’ giusto, etico, accettabile che organizzazioni con obiettivi di profit assistano il suicidio di pazienti depressi ? Dal 2002, l’anno in cui il Belgio ha legalizzato l’eutanasia, 8761 persone hanno deciso di morire in questo modo. Negli anni i criteri della legge sull’eutanasia si sono modificati fino a consentire la morte non solo delle persone gravemente malate e in fin di vita, ma anche di quelle che “soffrono in modo insopportabile”.

Cosa vuol dire “insopportabile” ? Chi valuta la “sopportabilità” ? Lo può fare il paziente stesso ? Quella di una persona depressa è una scelta libera o è dettata dall’umore ? La valutazione fatta da una persona esterna è attendibile ?

Sono domande difficili, che muovono la coscienza civile e morale e spaventano facendoci sentire la morte a portata di mano. Quante volte un paziente depresso può parlare di suicidio al suo terapeuta ? Quante volte lo stesso paziente può stare prima meglio, poi addirittura bene, aiutato dalla psicoterapia, dai farmaci e da un contesto di vita diverso ? Un dato di certezza assoluta è la volontà forte e costante da parte del terapeuta di aiutare il paziente a controllare e rimuovere le idee suicidarie per prevenire e impedire in suicidio. Sappiamo che i disturbi depressivi vanno incontro a variazioni di intensità e che le scelte fatte nei momenti “down” sono molto lontane da quelle possibili nei momenti buoni.

Lo stato depressivo è come un paio di occhiali scuri sempre presenti che impediscono di effettuare valutazioni attendibili del mondo esterno. La depressione è uno stato emotivo che di per sé non porta all’attendibilità. I terapeuti insegnano ai pazienti a prendere le distanze dalle proprie valutazioni, a non credere troppo ai loro pensieri che sono appunto frutto di una distorsione negativa e pessimista.

Nel massimo rispetto della libertà individuale, ricordiamo che la decisione di suicidarsi tramite l’eutanasia, è il frutto di un sistema di valutazione e decisione, contaminato e distorto da un paio di occhiali scuri. Questo ci permette di condannare, senza alcun “ma” o “però” chi assiste le richieste di suicidio assistito da parte di pazienti “depressi”; ci permette anche di tenere ben distinta la depressione da altre forme di malessere/malattia che, senza ombra di dubbio, possono portare l’uomo in una condizione di malessere insopportabile e di assenza di speranza.

Chi scrive non ritiene mai etico ed accettabile il suicidio assistito.