Il sabotaggio interno

Il sabotaggio interno

Leggendo il bellissimo post di Susanna Minasi ho pensato di aggiungere un pezzettino al sacrosanto concetto che Susanna mette in evidenza: quello che ci è successo da bambini è la base e la struttura di come siamo da adulti.

Ti è mai capitato di pensare o fare cose che non funzionano bene per te o che addirittura ti danneggiano ? A me spesso. Ad esempio c’è stato un tempo in cui facevo cose che alla fine esitavano in un danno fisico, traumi ad esempio. Sfidandomi ai limiti delle mie capacità mi esponevo a rischi grandi per la mia incolumità. Mi è successo con la Mountain bike, con il kite, con la barca, con lo sport in generale, in macchina o in moto. 

Oppure ti è mai capitato di fare o pensare cose che ostacolavano qualcosa di bello che ti stava capitando ? Per esempio una bella storia d’amore con una persona fantastica e speciale.

Io chiamo questi situazioni sabotaggi: cioè c’è  un pezzo di te che mette in atto pensieri e azioni che sabotano. Ognuno di noi ha un potenziale sabotatore pronto ad entrare in funzione.

Ma perché ? Da dove proviene e che significato ha questa parte di noi distruttiva  e negativa ?

E soprattutto: come si gestisce e come si neutralizza ? 

Il sabotatore, o la sabotatrice, sono il residuo attivo di meccanismi di adattamento che abbiamo messo in atto in epoche molto antiche per sopravvivere a condizioni che erano vissute come avverse e pericolose. Vediamo qualche esempio di situazione avversa che il piccolo bambino, o la piccola bambina, si può trovare a gestire. Teniamo bene presente che i bambini non hanno gli strumenti adulti per gestire la vita: il loro esame di realtà non è affidabile, non sanno dare spiegazioni razionali a quello che vedono o sentono, sono totalmente dipendenti dai genitori, non possono prendere decisioni autonome, hanno capacità comunicative primordiali. 

Il padre di un bambino di 3 anni si ammala e in pochi mesi muore. Nessuna possibilità di capire la realtà: il bambino si sente abbandonato, vede la mamma piangere disperatamente e rimanere triste per molto tempo. Soprattutto il non poter spiegare quello che era avvenuto gli crea una tale angoscia, una tale incertezza, una tale confusione da fargli pensare di non poter sopravvivere. Allora comincia a pensare  che le persone, più specificatamente i maschi, possono improvvisamente sparire senza lasciare traccia. E poiché lui è un maschio, appunto, decide che anche lui un giorno sparirà così come ha fatto suo padre. Si adatta a questa regola che crede corretta e comune. Si adatta ad un modello che potesse spiegare e giustificare quello che era successo. E non è più in confusione e in angoscia. Sta sopravvivendo a quella situazione pericolosa e minacciosa. 

Diventato grande, quell’uomo aspetta che da un momento all’altro scomparirà e non esisterà più perché quella regola imparata è profondamente archiviata nel cervello antico ed emotivo mentre non c’è ricordo del perché quella regola esiste e deve essere applicata. Teme le malattie, fa fantasie di morte per qualsiasi fatto che riguardi il corpo e anche il più banale disturbo gli fa pensare che è arrivata una malattia inguaribile e mortale. Oltre a questo si mette in pericolo in vario modo oltrepassando i propri limiti fisici ed esponendosi a incidenti e traumi di vario tipo. Nell’ambito relazionale, cerca rapporti problematici e fonte di malessere evitando accuratamente situazioni positive, giuste, amorevoli. Insomma si sabota in vario modo. La felicità e il benessere non sono una buona regola. La solitudine, la tristezza, la malattia sono buoni modelli. 

Il sabotatore, cioè il Bambino adattato lo aveva fatto sopravvivere, continua ad esistere e a lavorare ignorando la realtà che dice che quelle vecchie condizioni cui bisognava adattarsi non ci sono più. L’adattamento che lo aveva salvato allora è disfunzionale ora. Il meccanismo e la regola sono uguali, la realtà è diversa. 

Un giorno un angelo buono, travestito da psicoterapeuta, gli racconta questa storia e lui capisce che non deve più adattarsi perché l’adattamento non adeguato alla realtà è diventato sabotaggio. Purtroppo è abituato, anzi affezionato, a quel Bambino adattato trasformato in sabotatore e reprimerlo è difficile. Ci vuole tempo per convincere il Bambino (interno) che non serve più. e’ la coazione a ripetere di Freud: insistiamo a continuare a fare cose cui siamo abituati anche se fanno male. A peggiorare la situazione c’è anche la rabbia verso il sabotatore interno, la rabbia verso noi stessi. Abbandonare questa rabbia è la svolta: smettere di odiare il sabotatore e accettare che ci ha fatto sopravvivere in un tempo lontano. Forse addirittura gli dobbiamo essere grati, ringraziarlo: non mi servi più, hai fatto un buon lavoro in passato, grazie. 

Cerchiamo, vediamo e guardiamo e alla fine accettiamo il nostro sabotatore: forse ci proverà ancora ma gentilmente potremo dirgli: no grazie. 

Foto di Alexander Grey su Unsplash

 

Ignorare i nastri registrati del Genitore

Ignorare i nastri registrati del Genitore

Ho avuto in terapia un giovane uomo il cui padre era stato in prigione per molti anni e la cui madre si ingegnava con piccoli furti per sostenere la famiglia. Il paziente aveva l’idea stabile, forte e profondamente radicata che “non bisogna mai fidarsi di un poliziotto”. Questa idea proveniva dal riascolto di nastri registrati nello Stato dell’Io Genitore sia dalla madre che dal padre. 

Il giovane uomo un giorno incontra un giovane poliziotto che lo aiuta a gestire una difficile situazione lavorativa. Il poliziotto è gentile, cordiale, disponibile, autentico e affidabile. 

La realtà che ha davanti agli occhi entra in pesante conflitto con il riascolto del nastro del Genitore Normativo. Ma non bisognava mai fidarsi dei poliziotti ? Il Genitore dice una cosa e l’Adulto un altra. Per anni il nastro registrato del Genitore Normativo, cioè la voce interna che dice ad alta voce e con tono autoritario: “Non fidarti mai di un poliziotto !!”, è stato considerato la assoluta verità non contestabile e assoluta. Per un bambino è molto prudente credere a quello che dicono i genitori piuttosto che contestarla sulla base di quello che vede e che sente. Il Genitore rappresenta una minaccia così forte che si deve rinunciare a indagare sul conflitto che si è creato per capire se la “verità” è la realtà o il nastro registrato. 

Ma per fortuna il Genitore è una minaccia non reale ma immaginata dal Bambino e se l’Adulto rivaluta e corregge il nastro registrato sulla base della realtà, non corre alcun rischio anzi migliora le scelte di vita e le rende aderenti alla realtà del qui ed ora e non al vissuto del la ed allora.

Foto di Daniel Schludi su Unsplash

Il Bambino che c’è in noi

Il Bambino che c’è in noi

Mentre lo Stato dell’Io Genitore contiene la registrazione degli avvenimenti esterni al bambino, lo Stato dell’Io Bambino include le registrazioni degli avvenimenti interni cioè delle reazioni del bambino a ciò che vede e sente.

Queste reazioni consistono essenzialmente in emozioni e stati d’animo in quanto il bambino non è in possesso di strumenti cognitivi e intellettuali per decodificare e capire gli avvenimenti intorno a sé.

È importante tenere presente che nei primi anni di vita il bambino è in una condizione di impotenza totale: è piccolo, alla mercé degli altri, non controlla i suoi movimenti, non conosce e capisce le parole, non è in grado di costruire espressioni di senso compiuto.

In questo periodo che potremmo definire critico, il bambino invia continue richieste di aiuto incondizionato. Da un lato il bambino deve rispondere a bisogni primari come il bisogno di evacuare, di fare pipì, la fame, l’esplorazione, l’espressione dei propri stati d’animo, l’eccitazione dei primi movimenti e la scoperta di nuove cose. Dall’altro i genitori chiedono più o meno costantemente di rinunciare a queste soddisfazioni primarie offrendo come ricompensa la propria approvazione. L’approvazione da parte dei genitori è per il bambino un mistero totale in quanto non è in grado di istituire alcun rapporto certo di causa ed effetto.

Non è sorprendente, quindi, che di fronte a questo frustrante processo di socializzazione in un contesto poco comprensibile lo stato d’animo prevalente sia di tipo negativo. In termini di analisi transazionale possiamo affermare che il bambino è in una posizione esistenziale “io non sono ok“. Questa condizione di non ok è registrata in modo indelebile nello Stato dell’Io Bambino ed è un residuo del passaggio attraverso l’infanzia. Il Bambino non ok è presente in ogni persona anche nei figli di genitori buoni, amorevoli, indulgenti e disponibili. Questa condizione di non ok non è tanto determinata dal comportamento dei genitori quanto dalla condizione infantile di impotenza e inferiorità. Se i figli di genitori “bravi” si portano comunque il peso del non ok non è difficile immaginare quale fardello di dinamiche negative possano esistere nei figli di genitori negligenti, abusanti, maltrattanti e narcisisti.

Le registrazioni dello Stato dell’Io Bambino, come quelle dello stato dell’Io Genitore, possono essere rievocate rapidamente in qualsiasi momento della vita e in ogni tipo di relazione e comunicazione. E se la situazione reale del qui ed ora ricrea una qualche situazione infantile susciterà gli stessi stati d’animo ed emozioni che furono provate allora. In tutte le condizioni in cui non c’è alternativa o ci troviamo con le spalle al muro o pensiamo di non riuscire a sopravvivere lo Stato non ok del bambino originario viene riattivato e vengono rivissute le stesse emozioni. Si tratta di una versione aggiornata della depressione primaria del bambino.

Fortunatamente lo Stato dell’Io Bambino contiene però anche registrazione di dati positivi e piacevoli. La creatività, la curiosità, il desiderio di esplorare e di sapere, il bisogno impellente di toccare, sentire e sperimentare vengono registrati come stati d’animo esaltanti e piacevoli. Nello Stato dell’Io Bambino vengono registrate tutte le prime meravigliose esperienze, tutte le prime volte della vita del bambino, tutte le avventure stupende ripetute più di una volta. Il dondolio ritmico della culla, la sensazione di una soffice coperta, le sensazioni favorevoli agli eventi positivi.; è il bambino felice e spensierato che rincorre le farfalle o la bambina col volto cosparso di Nutella.

In definitiva le persone emergono dall’infanzia con un bagaglio enorme di esperienze registrate nello Stato dell’Io Genitore e nello Stato dell’Io Bambino in modo incancellabile. È giusto quindi domandarsi quali speranze le persone hanno per cambiare e sganciarsi dal passato.

Foto di Senjuti Kundu su Unsplash

Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore

Lo Stato dell’Io Genitore è quella “parte di noi” che funziona utilizzando un insieme enorme di registrazioni di eventi esterni con cui l’individuo viene in contatto durante i primi cinque anni di vita cioè nella fase della vita che precede la nascita sociale della persona (l’ingresso a scuola). Qualsiasi evento esterno viene registrato nei nastri del cervello ma quelli più significativi sono determinati dall’esempio e dalle affermazioni dei genitori reali o dei loro sostituti. In pratica queste registrazioni contengono tutto ciò che il bambino ha visto fare o ha sentito da parte dei propri genitori.

I messaggi e i modelli genitoriali vengono registrati nello stato dell’Io Genitore in tempo reale e senza alcuna mediazione. Questo accade perché il bambino è totalmente dipendente, è incapace di elaborare significati tramite il linguaggio ed è quindi impossibilitato ad apportare modifiche, correzioni o spiegazioni sia ai modelli che ai messaggi che riceve dai genitori.

Nel Genitore sono registrate tutte le regole e le norme che il bambino ha ricevuto dai propri genitori e che ha visto mettere in pratica. A parte le primissime comunicazioni dei genitori, cioè nei primissimi giorni di vita, tutto viene interpretato in modo non verbale attraverso il tono della voce, l’espressione del volto, la presenza o meno di carezze. Successivamente quando il bambino  è in grado di comprendere il significato delle parole vengono registrate regole e norme verbali più elaborate.”Non dire mai bugie, paga sempre i tuoi debiti, un bravo ragazzo pulisce sempre il proprio piatto, non fidarti mai di una donna, non passare mai sotto una scala, fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, frega per non essere fregato”

Tutti questi messaggi sono registrati come fossero la verità assoluta in quanto provenienti dalla fonte di ogni sicurezza e certezza per il bambino: i propri genitori, due giganti alti 2 metri in un periodo in cui il bambino alto poco più di mezzo metro ha tutto l’interesse ad essere buono ed ubbidiente.

Queste registrazioni sono permanenti e non cancellabili e pronte ad essere riascoltate e quindi utilizzate in ogni momento della vita. Inoltre le informazioni registrate nello stato dell’Io Genitore rappresentano un indispensabile strumento di sopravvivenza in quanto forniscono regole il cui obiettivo è appunto la sopravvivenza sia in senso fisico che sociale.

Quando il comportamento e le parole dei genitori sono in contraddizione le registrazioni vengono ignorate in quanto fonte di confusione. Il bambino non è in grado di mettere in discussione queste contraddizioni e quindi si difende non utilizzando la registrazione. Ad esempio se il genitore dice “le bugie non si dicono” ma poi mente oppure se il genitore dice “fumare fa male alla salute” e poi fuma.

Una metafora che descrive bene l’effetto delle registrazioni contraddittorie è quella della musica stereofonica. Nella registrazione del suono stereofonico ci sono due solchi che se  in armonia producono un effetto stupendo quando vengono ascoltati insieme; se invece non sono in armonia l’effetto è sgradevole ed è meglio non ascoltare quella registrazione.

Molte delle informazioni contenute nel genitore vanno a costituire la categoria del “come si fanno le cose“: come appendere un quadro, come fare il letto, come mangiare la minestra, come soffiarsi il naso eccetera. Il “come” si fanno le cose comprende una grandissima quantità di dati raccolti osservando i genitori. Si tratta in genere di dati molto utili che permettono al bambino di imparare a cavarsela da solo. Solo successivamente col crescere dello stato dell’Io Adulto e quindi della libertà di poter esaminare i dati del Genitore, queste informazioni sul “come” possono essere eventualmente aggiornate o sostituite con delle soluzioni migliori e più adatte alla realtà. Se le prime istruzioni registrate nel Genitore hanno caratteristiche di severità e perentorietà si possono incontrare maggiori difficoltà nell’esaminare il vecchio modo di compiere certe operazioni ed eventualmente di modificarle.

Se pensiamo che nel cervello di ogni persona sono registrate migliaia di queste semplici norme di vita ci possiamo rendere conto di quale enorme quantità di dati è registrata nel Genitore. Alcune di queste ingiunzioni sono rafforzate dall’aggiunta di imperativi quali ad esempio “mai”, “sempre” e “non dimenticare mai che..” 

I nastri del Genitore possono essere di aiuto o di intralcio a seconda che siano più o meno appropriati alla situazione reale oppure a seconda che siano stati o meno aggiornati da parte dell’Adulto.

I genitori fisici non sono le uniche sorgenti dei dati presenti nello stato dell’Io Genitore. Ad esempio un bambino di tre anni che trascorre molte ore del giorno davanti alla televisione registra ciò che vede e i programmi possono inculcare alcune concezioni di vita; in generale qualsiasi situazione esterna in cui il bambino si sente alla mercé degli altri fino al punto di non essere libero di dubitare o investigare produce informazioni che vengono registrate in modo indelebile nel genitore. 

Lo Stato dell’Io Genitore si arricchisce di nuove informazioni anche dopo i primi cinque anni di vita anche se in modo molto meno significativo a causa della presenza dello Stato dell’Io Adulto che è in grado di giudicare e valutare le informazioni che riceve e decidere se archiviarle o no.

Foto di Suzi Kim su Unsplash

Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Si parla in questi giorni della nuova legge che obbliga all’uso dei seggiolini auto anti-abbandono per bambini fino a 4 anni. Per l’Italia non ci sono dati certi ma sembra che la numerosità sia circa 20 casi di abbandono dal 1988 ad oggi (con conseguenze variabili)

Ancora una volta la tecnologia digitale corre in aiuto del fattore umano: se il bambino viene dimenticato sul seggiolino in auto, una App dedicata emette un allarme acustico e visivo (ma potrebbe anche dire qualcosa) su un cellulare (di un genitore presumo) collegato al seggiolino.  Che succede se nel frattempo il cellulare si è sconnesso per qualche motivo dal seggiolino oppure viene dimenticato in macchina insieme al bambino ? Vengono inviati SMS di allarme con posizione GPS dell’auto a 3 numeri pre-impostati (Nonni ? Polizia ? Telefono azzurro ?).

Come ho scritto da sempre, non potrei più fare a meno del mio cellulare e non sono un fautore di battaglie anti-digitali preconfezionate. Ma pretendere di gestire uno dei più gravi atti mancati che si possa immaginare (negare un figlio !) solo con una App è l’ennesimo triste segnale che l’uomo sta perdendosi definitivamente.  Va bene l’App ma smettiamola di dire e scrivere che “capita di dimenticarsi un figlio” come le chiavi di casa o il portafoglio.

Credo nel determinismo psichico e cerco sempre di leggere gli atti mancati (dimenticanze, lapsus, scambi, etc) come segnali “in codice” di una parte profonda della nostra psiche.

La lettura Analitico Transazionale ci permette di vedere cosa può accadere nelle parti inconsce della nostra psiche. A volte, il Bambino della mamma o del papà entra in sofferenza per la presenza del bambino vero e si attiva in vario modo inviando messaggi non verbali molto potenti come quello di Non Esistere, ad esempio. “Non esistere” è l’ingiunzione più potente che lo Stato dell’Io Bambino del genitore può inviare al bambino vero.

Quando dimentichiamo un figlio piccolo totalmente dipendente da noi lo neghiamo, agiamo come se non esistesse. Lo facciamo scomparire.

Non sono concetti difficili da capire, forse difficili da accettare: questo vedo costantemente nella mia attività di educatore.

Rendiamo obbligatori i seggiolini anti abbandono (non parlo delle mie fantasie sul business creato dall’obbligatorietà) ma parliamo ed educhiamo i genitori a:

  • riconoscere queste dinamiche psichiche
  • diamogli il permesso di accettare la sofferenza del loro Bambino
  • insegniamo loro a prendersene cura usando su se stessi il Genitore Affettivo

Photo by Brett Jordan on Unsplash

Scopri le tue risorse

Scopri le tue risorse

Si può capire gli altri, migliorare le relazioni, lavorare e vivere meglio; tutti hanno le risorse interne per farlo. Molti non sanno di averle. Scopriamole e usiamole.

18 Aprile 2019 18.00 – 19.30, Tree Education Center, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, Roma

19 Aprile 2019 18.00 – 19.30, PerformatSalute Roma, via Cunfida 33.

Evento gratuito previa registrazione utilizzando questo link

Tre Bambini che si incontrano…. di cui uno in carne ed ossa

Tre Bambini che si incontrano…. di cui uno in carne ed ossa

Parlo qualche giorno fa con un mio caro amico che ha una figlia neonata. Gli chiedo come va e come stanno lui e la moglie. Mi risponde che la bimba cresce e che loro sono abbastanza tranquilli. Abbastanza…. Cosa significa questo avverbio ? In modo sufficiente ? La loro tranquillità è sufficiente anche se potrebbe essere di più.. Insomma mi risuona che forse c’è qualche motivo di non essere “completamente” tranquilli.

Che succede nel mondo interno della persone quando nasce un bambino ? E ancora prima, che succede quando l’idea di un figlio prende corpo e si materializza nell’utero materno ? L’Analisi Transazionale ci permette, ancora una volta, di leggere in modo semplice e immediato le dinamiche psicologiche che vengono messe in moto quando una coppia diventa un terzetto.

Ognuno di noi possiede tre Stati dell’Io: Il Bambino, l’Adulto e il Genitore. Sono insiemi di pensieri, emozioni e comportamenti che determinano la nostra personalità, il nostro modo di essere e le nostre relazioni con gli altri. I genitori di una neonata hanno generalmente una personalità già determinata e un assetto completo degli Stati dell’Io. La neonata inizia a costruire la sua personalità fin dai primissimi momenti ma inizialmente è presente un solo Stato dell’Io: il Bambino. Sappiamo che gli Stati dell’Io Adulto e Genitore acquisiscono una loro dignità psicologica in un secondo tempo.

L’Adulto della mamma e del papà, che è in grado di analizzare la realtà del qui ed ora, può gestire tutti gli aspetti coscienti, razionali e operativi della gravidanza e dei primi mesi di vita del bambino. Il Genitore della mamma e del papà, fornisce affetto e protezione nonché le regole e le norme.

Ma come si pone lo Stato dell’Io Bambino della coppia genitoriale rispetto ad un bambino in carne ed ossa ? Un bambino vero e per certi aspetti puro ? Capire questo, o meglio, sapere qualcosa su ciò che può accadere, è importante e può aiutare ad evitare alcuni comuni errori che le coppie compiono durante i primi mesi di vita dei figli.

Il neonato, cioè il bambino vero, è in una condizione di totale dipendenza dal mondo esterno: ha solo bisogni da soddisfare, comunica solo con il corpo, non è autonomo né autosufficiente, non ha alternative, vive l’ambiente esterno (compresi i genitori) come onnipotente, forte e enorme. Deve affrontare una situazione che inizialmente sembra estremamente sfavorevole e pericolosa rispetto all’ambiente caldo e liquido dell’utero. Ha bisogno di accudimento, affetto e calore. Se i genitori, e soprattutto la mamma, rispondono a questi bisogni, il neonato si sentirà protetto e accudito, acquisirà fiducia nel mondo esterno e si incamminerà verso una personalità sana ed equilibrata. Per far questo i genitori mettono in funzione il loro Genitore Affettivo e, all’inizio in modo limitato, anche quello Normativo. Le parti adulte dei genitori organizzano la vita in modo da gestire al meglio tutte le esigenze di una situazione nuova e sconosciuta.

Ma il neonato necessita di tante cure e assorbe gran parte del tempo dei genitori che nel frattempo devono continuare ad occuparsi di tutto quello che esisteva prima: lavoro, casa, resto della famiglia. Se il neonato dorme poco o dorme con ritmi anomali, la stanchezza diventa una componente fondamentale; ricordo bene i primi mesi della mia primogenita: aveva un alterazione importante dei ritmi circadiani, si addormentava alle 5 del pomeriggio ed era definitivamente sveglia alle 4 del mattino, sempre. Dopo un mese così, aspettavo con gioia i turni di guardia in Ospedale dove avevo più speranze di dormire che a casa !! E non consideriamo per il momento le situazioni con problemi di salute del neonato quando tutto questo può amplificarsi in modo esponenziale.

Quindi i genitori energizzano quasi totalmente gli Stati dell’Io Adulto e Genitore spesso escludendo lo Stato dell’Io Bambino per cui non c’è tempo, spazio, risorse. Il genitore velista in questo periodo dimentica le sue veleggiate, quello calciatore le sue partite, il ciclista le sue uscite in bici, il cuoco le sue ricette, l’atleta la sua palestra. Quelle attività che le persone svolgono per soddisfare le loro parti bambine, devono essere momentaneamente sospese perché il bambino in carne ed ossa ha la precedenza. E non parliamo del sesso !! Se ne riparlerà forse tra 6-8 mesi.

La limitazione o quasi esclusione dello Stato dell’Io Bambino dei genitori è alla base di malesseri e sofferenze psico-fisiche che si ripercuotono negativamente sul bambino vero e di cui nella maggior parte dei casi non si riesce ad avere consapevolezza piena. Alcune volte, lo Stato dell’Io Bambino della mamma è così sotto pressione che invia messaggi potenti al bambino vero che viene vissuto come la causa del problema: “Ti odio !”, “Vattene via !” “Perché sei arrivato ?”.

Tre Bambini- Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

 

 

 

 

Attenzione: non si tratta quasi mai di messaggi verbali coerenti ma di messaggi ulteriori e psicologici veicolati con il corpo, con le emozioni e con i comportamenti. Proprio per questo risultano potenti e in grado di essere recepiti anche da un neonato di pochi mesi che, come detto sopra, utilizza solo comunicazioni non verbali. Gli effetti negativi di questi messaggi non verbali di rifiuto possono essere gravi soprattutto se provenienti dalla madre e se ripetuti nel tempo.

Ho sottolineato il fatto che il rapporto con la madre risulta prioritario almeno nei primi mesi di vita e che i comportamenti, i pensieri e le emozioni della madre sono maggiormente condizionanti. Ciò è legato al dato biologico della simbiosi psico-fisica tra feto e madre che, dopo la nascita, non viene immediatamente abbandonata ma solo gradualmente rimossa. Inoltre, se l’assetto familiare è di tipo patriarcale mono reddito, alla madre viene dato implicito mandato di gestire da sola il bambino poiché il “padre/marito” deve lavorare e sostenere la famiglia.

Come si possono limitare, o idealmente annullare, i messaggi negativi da parte dello Stato dell’Io Bambino dei genitori nei confronti del bambino in carne ed ossa ?

Un punto fondamentale e propedeutico è essere consapevoli di queste dinamiche, ad esempio leggendo post come questo. Ma la consapevolezza da sola spesso non basta. Occorre che i genitori si prendano cura dei loro Bambini (interni, Stati dell’Io) arrabbiati, impauriti, tristi. Come ? Prendendosi degli spazi propri e soddisfacendo bisogni bambini personali. Questo all’inizio può essere difficile da realizzare ma fisiologicamente la situazione tende a migliorare e ci saranno sempre più possibilità di ri-appropiarsi di se stessi. Una buona organizzazione tra madre e padre, l’aiuto dei nonni, una amorevole baby sitter, una sorellina grande e coscienziosa. Esistono evidentemente situazioni particolarmente difficili in cui nulla di tutto questo è realizzabile e poco si può fare di fronte ad un dato di realtà negativo. Esistono poi casi, e sono la maggioranza per la mia esperienza, in cui il principale ostacolo a prendersi cura del proprio Bambino è il proprio Genitore Normativo Critico che sentenzia: “Non c’è tempo per il divertimento !”, “Prenditi cura di tuo figlio”, “Sii una buona madre !” , “I Genitori di oggi non valgono nulla !”.

Tre Bambini- Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questo dialogo interno è in grado di bloccare il proprio Genitore Affettivo che invece suggerisce: “se lasci il bambino 2 ore con la babysitter puoi andare in palestra e scaricarti”.

Tre Bambini- Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riassumendo possiamo così delineare la tattica per consentire al proprio Bambino di allentare la pressione cui è sottoposto:

1 – prendere consapevolezza della cosa

2 – silenziare il Genitore interno critico e giudicante

3 – dare permessi compatibili con la realtà attivando il Genitore Affettivo interno.

Tre bambini che si incontrano possono creare una notevole confusione; il bambino vero non ha scelte mentre i Bambini interni del papà e della mamma hanno dalla loro il Genitore Affettivo interno che può prendersi cura di loro. E se questo accade il Bambino di mamma e papà non invierà più minacciosi messaggi al bambino vero.

Le organizzazioni sociali e la distruttività regressiva gruppale

Le organizzazioni sociali e la distruttività regressiva gruppale

La controparte nascosta del lavoro positivo che viene portato avanti nelle strutture organizzative delle istituzioni è l’attivazione di fenomeni regressivi di gruppo caratterizzati spesso da conflitti distruttivi e auto distruttivi. Ciò è legato agli impulsi libidici e aggressivi che si attivano nell’inconscio dinamico nei gruppi e nelle istituzioni sociali. Allo stesso modo si osservano, come nell’individuo, processi di difesa e di sublimazione legati all’erotismo e all’aggressività, alla creatività e all’auto- distruttività.

Ciò a volte comporta che professionisti equilibrati, sani e ben adattati, lavorando nel contesto di gruppi regressivi e con una struttura di lavoro non adeguata, possono a loro volta regredire verso comportamenti anomali. È come se all’interno di queste situazioni di gruppo disfunzionali le forze gravemente distruttive e autodistruttive dell’inconscio dinamico fossero senza alcun controllo. Rispetto questo la leadership può ridurre o peggiorare l’aggressività primitiva all’interno di un contesto sociale e di gruppo.

Nel 1921 Sigmund Freud tentò per primo lo studio psicanalitico dei fenomeni di gruppo cercando una spiegazione utilizzando la psicologia dell’Io che da poco era stata sviluppata. Freud affermava che le persone all’interno di una folla provano un sentimento immediato di intimità reciproca derivante dalla proiezione del loro ideale dell’Io sul leader e dall’identificazione con il leader stesso e con i compagni. Questa proiezione si accompagna generalmente ad una grave riduzione del funzionamento dell’Io, cioè del funzionamento individuale e di conseguenza possono venire alla luce dei bisogni primitivi che solitamente rimangono a livello inconscio e il gruppo si muove sotto la spinta di pulsioni e di emozioni, di eccitazione e di rabbia, tutte condizioni stimolate e dirette dal leader.

Attivazione di funzionamenti psicologici arcaici

Indipendentemente dalla maturità e dalla integrazione psicologica delle persone, in alcune condizioni di gruppo si generano fenomeni regressivi e si attivano livelli psicologici primitivi. Questi fenomeni regressivi consistono nella attivazione di operazioni di difesa e di processi relazionali che riflettono relazioni oggettuali primitive. Questo tipo di regressione è potenzialmente presente in ciascuno di noi. Quando la struttura sociale si indebolisce, cioè quando i nostri ruoli abituali vengono momentaneamente sospesi e molti oggetti interni si attivano simultaneamente in una relazione non strutturata, è come se si riattivassero le molteplici primitive relazioni oggettuali interne; cioè si riattivano livelli primitivi di funzionamento psicologico. Per primitivo si intende risalenti ai primissimi anni di vita. Per questo motivo, i fenomeni di gruppo generalmente vengono vissuti come una minaccia all’identità personale ed è per questo che di fronte all’affiorare di meccanismi di funzionamento primitivi riaffiorano anche operazioni difensive primitive e aggressività primitive, con caratteristiche della fase di sviluppo psicoattiva pre-genitale.

Nell’ambito dell’attivazione di meccanismi psicologici primitivi occorre ricordare anche l’attivazione di caratteristiche sessuali infantili. Il gruppo tende ad essere intollerante verso ogni coppia che voglia mantenere la propria identità personale. Questa intolleranza della folla contro la sessualità può essere interpretata come la regressione ad un meccanismo psicologico primitivo che è quello della rivalità tra figli per il possesso delle madri e delle sorelle.

A cavallo degli anni 40 e degli anni 50, Bion descrisse i fenomeni regressivi che si possono osservare in un gruppo e parlò di tre grandi fenomeni emotivi di base che sono il fondamento delle reazioni di gruppo. Lavorando con i gruppi Bion poté osservare e descrivere direttamente le dinamiche e gli sviluppi al suo interno: ogni gruppo che si riunisce per il raggiungimento di uno scopo o di un obiettivo di lavoro, possiede l’orientamento mentale e il funzionamento che è finalistico allo scopo prefisso e corrisponde al principio di realtà, segue ovvero la razionalità e la consapevolezza, caratteristiche intrinseche dell’Io; in termini AT possiamo dire che il gruppo attiva l’Adulto che valutando il qui ed ora e gli obiettivi reali cerca di perseguire uno scopo istituzionale.

Bion osservò anche che sussistono resistenze nel gruppo che ne possono ostacolare il funzionamento, non sono orientate allo sviluppo e dipendono da angosce e ansie primitive e che seguono il principio del piacere. Si energizzano i Bambini e il gruppo si “aggrappa” ad un insieme di difese caratteristiche del Bambino e non lavora più in senso maturativo, ma rimane fermo in una situazione quasi limbica. Bion chiamò questi meccanismi assunti di base”, vere e proprie difese adottate dal gruppo nei confronti dello sviluppo-trattamento; essendo tali sono al di fuori della consapevolezza dei membri, ostacolano l’attività attraverso forti tendenze emotive.

1 – La dipendenza. Quando la dipendenza è il fenomeno emotivo dominante in un gruppo, i membri percepiscono il leader come onnipotente e onnisciente e se stessi come inadeguati, immaturi e incompetenti (Bambini Adattati). Il gruppo si riunisce allo scopo di dipendere da qualcuno o da un capo, da cui ci si attende possa fare tutto e appare come un Dio che viene sempre più idealizzato; può risolvere tutti i problemi e su di lui (o lei) vengono proiettate molte aspettative.

Questa idealizzazione del leader si accompagna al bisogno opposto e conflittuale di rubargli la conoscenza, il potere e la bontà. I membri del gruppo quindi rimangono in uno stato di continua impasse tra bisogno di dipendenza e invidia. Sono perennemente ingordi e perennemente insoddisfatti. Quando il leader non corrisponde più a questi ideali, i membri del gruppo reagiscono prima con la negazione poi con la svalutazione rapida e totale del leader e con la ricerca di un sostituto. Il gruppo dipendente è quindi caratterizzato da:

  • idealizzazione primitiva
  • onnipotenza proiettata
  • negazione
  • invidia
  • avidità

Tutte queste dinamiche mentali si accompagnano ad altrettante difese. In termini analitico transazionali i membri del gruppo attivano lo stato dell’Io Bambino sotto l’influenza di un Genitore potente e cattivo. Oscillano tra l’adattamento/dipendenza e la ribellione/rabbia. La ricerca di nutrimento e di dipendenza è dominante, fenomeni caratteristici della fase pre-genitale dello sviluppo psico-evolutivo. La Chiesa è la struttura istituzionale tipica del gruppo dipendenza.

2 – Lotta e fuga 

Il gruppo si mostra compatto con tutto ciò che possa sembrare un pericolo esterno e si aspetta dal leader protezione e guida nella lotta contro il nemico e contro le forze disgregatrici del gruppo, cioè le lotte interne al gruppo. I membri del gruppo non tollerano l’opposizione ad ideologie condivise e di conseguenza si scindono in sottogruppi che lottano tra di loro. Il gruppo tende a controllare il leader o, al contrario, si percepisce come controllato dal leader. C’è convinzione globale che esiste un nemico all’esterno da cui difendersi: lo si evita attraverso la fuga o lo si affronta attraverso l’attacco. Controllo aggressivo, sospetto, bellicosità, panico sono fenomeni dominanti, anche essi caratteristici della fase pre-genitale. L’esercito è la struttura istituzionale tipica del gruppo lotta-fuga.

3 – L’accoppiamento

Il terzo assunto di base descrive la presenza di due o più persone (di solito una coppia) che dominano la situazione e il resto del gruppo che si stringe intorno ad essa, in quanto vige la speranza che questi riescano a risolvere i problemi attuali degli altri membri attraverso un intervento sovrannaturale o di tipo divino (esempio: l’attesa del Messia, attesa di una rivelazione di tipo messianico). I membri del gruppo si focalizzano su una coppia interna al gruppo (di solito, non sempre, eterosessuale) e su questa coppia l’inconscio gruppale appunta l’aspettativa positiva della riproduzione assicurandosi la sopravvivenza minacciata dall’attacco all’identità del gruppo.

Le organizzazioni sociali funzionali (industria, educazione, ospedali) devono tendere al massimo controllo, riduzione e sublimazione della psicologia di massa come parte fondamentale del sistema organizzativo di lavoro. Purtroppo, a prescindere dalle misure protettive e correttive che vengono messe in atto, l’aggressività e Il sadismo si sviluppano sempre nelle istituzioni e si infiltrano a vari livelli.

L’inevitabile attivazione di aggressività primitiva nel funzionamento individuale all’interno di gruppi riflette la naturale predisposizione universale latente a regredire a livelli pre-edipici di organizzazione intra-psichica.

La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

Sto leggendo con molto piacere l’ultimo libro di Michele novellino: “I pronipoti di Adamo”, sottotitolo: le radici dell’amore ambivalente dell’uomo per la donna.

 

Pronipoti di Adamo - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

A pagina 38 mi imbatto nella “Centerfold syndrome” e subito mi scatta la curiosità tipica del mio Bambino di sapere cos’è; Novellino inizia il paragrafo così: “Brooks nel 1995 ha studiato l’origine e la rilevanza sociale ancora attuale dei messaggi che conducono il maschio a costruire la propria identità sessuale e, di conseguenza, la propria concezione della femmina e della”natura” del rapporto sessuale.” A questo punto capisco il tema ma non capisco il termine inglese centerfold. Provo con Google translate ma non c’è traduzione in italiano del termine inglese. Un semplice modo per capire il significato delle parole inglesi non traducibili è quello di cercare il termine su Google selezionando immagini: provate a farlo e probabilmente rimarrete, come sono rimasto io, a bocca aperta. Cercando le immagini in rete connesse alla parola inglese centerfold si ottengono esclusivamente pagine di copertina e pagine centrali di riviste pornografiche per uomini come ad esempio la famosissima rivista Playboy. Se invece la maggior parte di voi non rimane a bocca aperta perché già conosceva il significato della parola, sono io ad avere un importante buco cognitivo. In ogni caso, riprendo le riflessioni di Novellino e ve le propongo.

La stretta aderenza ad un codice maschile applicato alla sessualità crea spesso un importante disturbo del comportamento degli uomini (intendo dire dei maschi) sia nella sfera sessuale sia nella sfera relazionale ed emozionale. Questi maschi sentono la necessità impellente di desiderare donne fisicamente attraenti cosa che superficialmente può essere giudicata naturale ma che in profondità denuncia un pregiudizio e un ordine interno che costringe il maschio a conquistare, a competere con altri maschi nell’ottenere un corpo femminile aderente a standard estetici codificati. Molto spesso le donne sono pesantemente condizionate e per sentirsi attraenti si adeguano a questi standard. La nostra cultura contemporanea sostiene questo modello ed esalta l’apparenza fisica. La conquista del corpo femminile è più importante delle relazioni, del rispetto, delle emozioni. I pregiudizi socio-culturali relativi alla disparità tra uomo e donna, sono un aspetto centrale nella storia di questi maschi.

La sindrome è caratterizzata da cinque elementi principali:

  1. il Voyeurismo cioè l’eccessiva importanza dell’osservazione del corpo dell’altro. Purtroppo i media, e la comunicazione digitale (Social e Web) promuovono un modello relazionale fortemente basato sull’apparenza fisica. La componente visiva delle relazioni sessuali e dell’erotismo si è accresciuta in modo ipertrofico nell’era moderna generando una vera e propria ossessione di guardare i corpi femminili.
  2. Oggettificazione: il corpo femminile è considerato un oggetto e alle donne viene trasmesso il messaggio che la bellezza fisica è il mezzo più importante e irrinunciabile per essere riconosciute socialmente, per avere potere e libertà personale. E’ l’ossessione per l’apparenza e le donne perdono la loro vera personalità con maschi che investono in maniera feticistica su parti del corpo della donna.
  3. Bisogno di conferma: molti uomini vedono la sessualità come unico mezzo per confermare la propria virilità. Allo stesso tempo questi maschi ricercano in modo ossessivo evidenze oggettive del piacere femminile in quanto ciò fornisce una prova concreta della loro mascolinità; in qualche modo quindi il corpo della donna diviene un indicatore della adeguatezza maschile e i maschi diventano schiavi della sessualità non relazionale.
  4. Ricerca del trofeo: il corpo della donna è un trofeo da conquistare e da mostrare in quanto è la prova della propria adeguatezza e superiorità rispetto agli altri maschi
  5. Paura dell’intimità cioè un comportamento sessuale distaccato, in cui il maschio ha paura ad instaurare un contatto emotivo con l’altro diverso da sé. L’emotività è considerata una caratteristica femminile e i maschi vengono educati a nascondere debolezze e vulnerabilità. L’origine psicoemotiva di questa paura va ricercata nella pressione cui sono sottoposti i bambini a distanziarsi precocemente dal corpo della madre: questo genera un conflitto e un’impasse perenne con il corpo della donna, uno scontro costante tra il naturale bisogno di accudimento e la paura di essere umiliati. Questa paura dell’intimità ha quindi origine dalle relazioni emotive disfunzionali tra genitori e figli, che può essere definito come attaccamento disfunzionale.

I giovani maschi affetti dalla centerfold syndrome sono convinti che la virilità e strettamente dipendente dal numero di donne con cui si sono avuti rapporti sessuali; l’aggressività e la competitività sessuale dominano sulle relazioni intime, sull’empatia, sulle capacità di supportare gli altri. Alla fine questo tipo di sessualità aggressiva e dominante soffoca e sostituisce i bisogni profondi e veri. Ma il problema maggiore nasce dal fatto che molti adolescenti maschi, a livello inconscio, si sentono inadeguati e impotenti e sviluppano una forte rabbia per questo potere che le donne attribuiscono nel convalidare la propria mascolinità. Si tratta purtroppo di un disturbo narcisistico di personalità: il trofeo in realtà non gratifica e lascia delusi con la passione sostituita dalla vendetta.

Dal punto di vista psicodinamico è la riproduzione del rapporto antico con una madre seduttiva e abbandonica. Poiché ci si è distaccati precocemente dalla madre si rimane nella perenne impasse tra attrazione e paura. Questo bisogno irrisolto può essere mascherato e negato solo usando la corazza della mascolinità: si mostrano i muscoli, veri o simbolici, si negano le debolezze e si nascondono le fragilità. Se cerco di spingere una palla sotto il pelo dell’acqua, più la spinta sarà forte più la palla tenderà a rimbalzare verso l’alto e a colpirmi il viso !

Photo by Henry Hustava on Unsplash

Le “carezze” cioè la fame di  stimoli affettivi e sociali

Le “carezze” cioè la fame di stimoli affettivi e sociali

L’uomo ha bisogno di stimolazioni fin dalla nascita: i neonati che non ricevono stimolazioni fisiche vanno incontro a deterioramento fisico, a malattie e anche alla morte. Negli anni 40 René Spitz descrisse l’importanza delle stimolazioni per la sopravvivenza dell’uomo sottolineando come l’assenza di stimoli nei neonati degli orfanotrofi producesse danni irreversibili sia sullo sviluppo del corpo che su quello della mente. Eric Berne affermava che la mancanza di stimoli emotivi e sensoriali produce un effetto a catena che può culminare nella morte; cioè, per la sopravvivenza dell’uomo la fame di stimoli ha la stessa importanza della fame di cibo.

La fame di stimoli è così importante che è preferibile una stimolazione spiacevole rispetto all’assenza completa di stimoli. Quindi l’uomo per sopravvivere deve soddisfare sia i bisogni fisici (fame, sete, freddo, etc) sia quelli socio-affettivi.

Qualsiasi atto che comporti il riconoscimento della presenza dell’altro è definito nel modello teorico dell’analisi transazionale come carezza. Nei primi mesi di vita il bambino ha una grande fame di carezze soprattutto fisiche senza le quali può ammalarsi e morire. In condizioni di normalità il bambino crescendo aggiunge alle carezze fisiche quelle sensoriali e di riconoscimento e in questo processo evolutivo l’ambiente, costituito principalmente dai genitori, ricopre un ruolo fondamentale. Se l’ambiente sarà disposto ad accogliere i bisogni del bambino con una risposta adeguata, il bambino imparerà a riconoscere questi bisogni, ad esprimerli liberamente e a far si che possano essere soddisfatti. Se invece l’ambiente svaluterà questi bisogni , squalificandoli, sminuendoli e non dando risposta, il bambino imparerà a reprimere i bisogni o a esprimerli in modo distorto.

Le carezze che si ricevono dai genitori quindi, cioè le risposte che i genitori forniscono alle richieste di soddisfazione dei bisogni del bambino, costituiscono un potentissimo strumento di riconoscimento e quindi di rinforzo positivo o negativo delle strutture di personalità che si formano nei primi anni di vita. Le carezze possono essere metaforicamente paragonate ai nutrienti essenziali (ad esempio le vitamine) la cui presenza o assenza determina l’evoluzione e la crescita nella struttura della persona.

Se l’ambiente, cioè i genitori, è più favorevole a fornire carezze negative rispetto a quelle positive, il bambino si accontenterà delle prime e userà i comportamenti utili per riceverle. Ad esempio, un bambino che si sente ignorato e percepisce le attenzioni dei genitori solo quando combina qualche guaio, per essere riconosciuto, anche se attraverso carezze negative, impara a combinare guai e in questo modo soddisfa la sua fame di riconoscimento. Lo stesso può accadere se l’unico modo per essere accuditi è ammalarsi: si impara ad utilizzare le malattie come strumento per ottenere riconoscimento e affetto.

Durante lo sviluppo psico-evolutivo il bambino modifica, integra e aumenta il suo bisogno di carezze passando dalle carezze incondizionate (cioè per l’essere) e prevalentemente fisiche a quelle condizionate (cioè per il fare) e verbali che siano in grado di riconoscere le sue capacità e il funzionamento del suo pensiero all’inizio solo intuitivo ed analogico ma successivamente logico e razionale.

In qualsiasi momento evolutivo le carezze incondizionate sull’essere sono un’esigenza primaria. Le carezze incondizionate sono rivolte a caratteristiche naturali della persona che non deve fare nulla per riceverle cioè sono dirette ad attributi naturali che non possono essere acquisiti (maschio, alto, bruno, bello, con gli occhi chiari, etc). Poiché le persone non hanno scelte riguarda questi attributi, le carezze incondizionate vengono vissute in maniera molto intensa.

Tuttavia la maggior parte delle carezze sono dirette al fare e sono condizionate dal comportamento delle persone. Le carezze condizionate, sia positive che negative, sono spesso utilizzate per influenzare le azioni delle persone e per fornire riscontro. Quando vengono utilizzate in modo appropriato e coerente, le carezze condizionate sono un potente strumento con cui le persone sane e adeguate apprendono nuovi comportamenti.

Le persone cercano carezze con modalità diverse; quantitativamente, probabilmente il bisogno di carezze è uguale per tutti. Esistono differenze legate ai tratti di personalità e differenze legate ai livelli esistenti di benessere economico, alle abitudini culturali ed educative. L’educazione da parte dei genitori ha un effetto determinante sulle modalità con cui le persone cercheranno carezze nella loro vita. Io sono ok-tu sei ok implica che nessuno è inferiore, che tutti hanno diritto ad avere un trattamento pari ad ogni altro e a vedere soddisfatte le proprie esigenze, incluso il bisogno innato di carezze. Purtroppo questo non avviene sempre. La maggior parte delle persone si comportano come se le carezze fossero un bene raro e quindi come se gli altri fossero dei concorrenti o dei nemici che causano una restrizione nella disponibilità di carezze. Quando la disponibilità di carezze è limitata, l’uomo mette in atto delle strategie particolari per gestire il suo patrimonio di carezze in modo da essere sempre nelle condizioni di soddisfare il proprio bisogno di stimoli.

Oltre agli stimoli che giungono dalle altre persone e dal mondo esterno (Carezze esterne) le persone possono accarezzarsi anche con i ricordi, con le fantasie o con una sensazione interna (Carezze interne). Le carezze interne svolgono la stessa funzione di allentamento della tensione, di allontanamento da situazioni percepite come pericolose e di mantenimento dell’equilibrio interno. Si ricorre alle carezze interne ogni qualvolta la realtà, o la nostra percezione di essa, ci propone una carenza di carezze esterne.

Le carezze negative sono molto più potenti di quelle positive: basti pensare che si può urlare e dare sfogo alla rabbia gridando e pestando i piedi con forza mentre l’amore non può essere espresso con altrettanta forza. A questo si aggiunge il fatto che l’uomo è psicologicamente strutturato in modo tale che le carezze negative hanno un impatto più forte. Ciò è legato al nostro istinto di sopravvivenza che prevede una reazione agli stimoli negativi più potente rispetto alla reazione agli stimoli positivi.