Essere OK nell’era delle App

Essere OK nell’era delle App

Si può superare il paradosso comunicativo delle relazioni digitali; costruire salute nel cambiamento tecnologico; conoscere ed evitare gli effetti collaterali dannosi di Internet e dei Social Media. Noi ci crediamo

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17 Maggio 2019, Performat Salute Roma, 18.00 19.30

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i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

Ci piacerebbe tornare indietro ai bei vecchi tempi quando mamma ci cantava la ninna nanna: ora siamo stressati

Così recita la canzone Stressed Out dei Twenty One Pilots che è stata al secondo posto della Top 100 di Billboard per il 2015 e il video ha avuto più di 800.000.000 di visualizzazioni su YouTube. Una studentessa della Asbury University ha scritto che nella canzone “c’è scritto per filo e per segno quello che pensiamo…ci ha preso veramente”. Nel video, il cantante Tyler Joseph ha il collo e le mani dipinti di nero che definisce una metafora dello stress, una specie di senso di soffocamento. Vedere nero…depressione !

Chi sono gli i-Gen ?

I” sta per Internet e “Gen” sta per Generation. I nati tra il 1995 e il 2012 sono cresciuti con il cellulare in mano, sono su Instagram da quando andavano alle scuole medie e non hanno ricordi di un mondo senza Internet. Il potere assoluto che lo smartphone ha su questa generazione ha delle conseguenze in ogni ambito della loro vita, dalle interazioni sociali alla salute mentale. Sono la prima generazione ad aver sempre avuto internet a portata di mano. Di fatto gli i-Gen sono gli adolescenti, i teenager. Questa generazione è modellata oltre che dal progresso tecnologico anche da altri fattori come in individualismo e l’ineguaglianza di reddito. Gli i-Gen si distinguono dalle generazioni precedenti per il loro modo di impiegare il tempo, per quello che pensano e come si comportano riguardo alla religione, sesso, alla politica. Socializzano in modo completamente nuovo, respingono tabù sociali un tempo inviolabili, hanno aspirazioni di vita completamente diverse. Sono ossessionati dal tema della sicurezza, sono molto preoccupati per il loro futuro economico e sono contrari a qualsiasi discriminazione sessuale, razziale, e di orientamento sessuale.

A questo si deve aggiungere purtroppo che sono anche in prima linea nella peggiore epidemia di disturbi psichici degli ultimi decenni che dal 2011 a oggi ha visto un incremento significativo sia dei casi di depressione che di quelli di suicidio tra gli adolescenti. Gli i-Gen costituiscono la più grave emergenza di salute psicologica giovanile degli ultimi decenni.

Tutto (non) è meraviglioso, la positività implacabile cede il passo

Internet e la società in generale promuovono oggi una positività senza pausa. I social media sono concentrati esclusivamente sui momenti felici, nei selfie tutti sorridono. Questa positività implacabile ha le sue origini in una tendenza già presente nelle generazioni precedenti basata sul crescente individualismo e le persone molto più concentrate su se stesse che sulle norme sociali. L’individualismo è dietro ai cambiamenti culturali fondamentali degli ultimi decenni sia quelli considerati positivi (l’affermazione dei pari diritti indipendentemente dalle etnie, dal genere e dall’orientamento sessuale) sia quelli considerati negativi come la convinzione che tutto sia dovuto. L’individualismo incoraggia a sentirsi soddisfatti di se stessi e non per quanto si dovrebbe ma al di là del legittimo. La visione positiva di se stessi è un marchio delle culture individualistiche che incoraggiano l’autopromozione e l’autostima. Questa marea individualista è montata negli anni 90,e nel 2000  la generazione precedente gli I-gen, cioè i nati tra il 1980 e il 1994 (I cosiddetti Millennial), ha rapidamente guadagnato la reputazione di una generazione troppo sicura e con aspettative troppo alte e irrealistiche causate dall’eccesso di autostima e dal narcisismo. Con gli i-Gen questa tendenza si è invertita e lo smisurato egocentrismo di certi Millennial cede il passo alle modeste aspettative degli iGen. Gli i-Gen sono meno felici e il crollo della soddisfazione di vita ha spazzato via in pochi anni oltre due decenni di ottimismo esasperato.

ipathology - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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FOMO (??): una nuova sindrome fobico-depressiva ?

Così gli iGen chiamano la sensazione di “stare perdendo qualcosa”: Fear Of Missing Out. Gli adolescenti una volta sapevano degli avvenimenti sociali dalle relazioni in presenza, a scuola, per sentito dire; ora possono vedere subito le immagini di quello che si stanno perdendo. Una vera propria ricetta per la solitudine.

Il paradosso consiste nel fatto che la comunicazione digitale permette di essere in contatto anche se fisicamente distanti: scambi continui di foto e messaggi, tutti sanno quello che si sta facendo, in tempo reale. Eppure gli iGen si sentono più soli delle generazioni precedenti: un vero e proprio paradosso del digitale: la percentuale di 13-14enni e 15-16enni che si sentono soli è aumentata del 31 % dal 2011 al 2015, un cambiamento colossale in appena 4 anni !! E nell’età del FOMO gli adolescenti si sentono più esclusi. Ma da cosa è causato tutto ciò ?

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Meccanismi dannosi legati alla comunicazione digitale

Con quali meccanismi i social media hanno un ruolo nell’insorgere di disturbi depressivi ? La maggioranza dei post pubblicati nei social riguarda successi e notizie positive; ciò causa un senso di inadeguatezza e di fallimento a causa della falsa percezione che gli amici in rete sono perfetti e non sbagliano mai. Questa falsa percezione sarebbe facilmente smantellata trascorrendo più tempo fisico con gli amici in modo da capire che tutti sbagliano e che tutti possono avere momenti negativi e infelici. “sei sempre lì a sentire le cose meravigliose che fa la gente in rete e ogni volta mi chiedo: e io cosa sto facendo ? Che cosa dovrei fare ? Sono alla loro altezza ?”

Un altro meccanismo è quello della delusione di non ricevere risposte immediate o abbastanza like. Lo stress di sapere che è il tuo messaggio è stato ricevuto e visto ma che non ottiene risposta: domande del tipo: “esisto ?”, “sono viva ?” si fanno avanti di fronte all’assenza di risposta.

Infine l’ossessione del selfie perfetto contagia ormai in modo diffuso soprattutto, ancora una volta, le ragazze; questa mania ha amplificato le alterazioni dell’immagine corporea di ragazze che a caccia di like scattano centinaia di foto prima di ottenere quella giusta ma alla fine sono comunque insoddisfatte.

iPathology: anche depressione maggiore e suicidio ?

L’aumento di sensazioni come la solitudine, la depressione e l’ansia è stato accompagnato anche da aumento della depressione diagnosticabile ed il suo esito estremo, il suicidio ? Lo studio Nazionale americano su abuso di droga e salute condotto dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, testimonia una sconvolgente impennata della depressione in un breve arco di tempo: gli adolescenti che hanno avuto un episodio depressivo maggiore nel 2015 sono aumentati del 56% rispetto al 2010.

E poiché la depressione maggiore, soprattutto nei casi gravi, è un fattore di rischio di suicidio, il tasso di suicidi tra gli adolescenti, dopo un calo alla fine degli anni 90, si è di nuovo alzato.

ipathology - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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iPathology: malattie da smartphone o ci sono altre cause ?

Cambiamenti così grandi e repentini devono avere una causa specifica dall’impatto notevole. La corrispondenza temporale tra iGen e uso di smartphone e social media è chiara. La comunicazione digitale causa solitudine e senso di esclusione o è vero il contrario, chi si sente solo usa di più smartphone e social media ? In realtà, il repentino aumento del senso di solitudine rende più probabile che l’uso dello smartphone abbia indotto l’aumento del senso di solitudine e di esclusione piuttosto che il contrario. Se la solitudine induce ad usare di più lo smartphone, l’improvviso aumento del senso di solitudine senza ragioni avrebbe causato un aumento parallelo della popolarità dello smartphone che non si è verificato. L’ipotesi più probabile, quindi, è che si sia verificato prima il successo degli smartphone, che a sua volta ha causato un aumento del tempo schermo, che a sua volta ha determinato una crescita del senso di solitudine tra gli adolescenti.

Un altro fattore che potrebbe aver avuto influenza sulla brusca impennata di depressione tra i teenager è la grande recessione degli anni 2007-2009. Ma, pur essendosi presentata all’improvviso, i tempi non coincidono; infatti, la disoccupazione, uno dei migliori indicatori degli effetti dell’economia sulle persone, ha raggiunto l’apice nel 2010 per poi diminuire: la depressione ha avuto un andamento opposto, rimanendo stabile fino al 2012 per poi aumentare. Al contrario, gli smartphone sono diventati, nello stesso periodo, sempre più popolari.

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L’incremento del senso di solitudine è stato particolarmente evidente nelle ragazze: le ragazze usano più spesso i social media E quindi hanno più occasioni di sentirsi escluse e sole quando vedono che amici e compagni di classe si incontrano senza di loro. Infine i social media sono un veicolo perfetto per le aggressioni verbali che le ragazze preferiscono. Le femmine corrono un rischio doppio rispetto ai maschi di subire cyberbullismo.

Negli ultimi anni il numero di adolescenti che concordano con la affermazione ”La mia vita non è utile” è aumentato in modo esponenziale; parallelamente è diminuito il consenso all’affermazione ”amo la vita come chiunque”. Come per il senso di solitudine e di esclusione, anche questi indicatori di depressione sono più comuni tra le ragazze che come sappiamo passano più tempo dei maschi sui social media.

Un altro fattore che potrebbe causare problemi di salute mentale tra gli adolescenti è la pressione scolastica. Un buon indicatore di pressione scolastica è il tempo usato per i compiti a casa: questo tempo non è molto cambiato rispetto ai decenni precedenti e gli studenti che dedicano più tempo ai compiti a casa hanno un rischio relativo di sintomi di depressione grave negativo.

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Per poter dire che l’aumento dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti è legato alla comunicazione digitale sono necessari due test: la causa deve essere correlabile in modo affidabile e sensato e il cambiamento deve essere avvenuto nello stesso lasso di tempo e nella direzione congruente. Le uniche tre attività che superano ampiamente entrambi i test sono:

  • tempo-schermo (correlazione positiva)
  • interazione sociale (correlazione negativa)
  • carta stampata (correlazione negativa)

Il tutto riporta in un modo o nell’altro al tempo trascorso davanti ad uno schermo con i nuovi media.

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Smartphone e sonno

Un ultimo sguardo allo schermo prima di dormire ? Non riuscire a staccarsi neanche di notte dallo smartphone, nasconderlo sotto le coperte per non essere ripresi dai genitori, dormire meno di sette ore per notte quando ce ne vorrebbero nove, alzarsi la mattina già stanchi.

Negli ultimi anni, la percentuale di adolescenti deprivati del sonno è cresciuta in modo esponenziale; anche questa volta in quasi perfetta concomitanza con l’aumento di popolarità e uso dello smartphone. E ancora una volta il tempo-schermo è direttamente correlato, più di altri fattori, al rischio di insonnia.

La carenza di sonno produce danni sia al corpo che alla mente e la depressione potrebbe riconoscere anche questa concausa.

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Che cosa si può fare ?

L’assenza di matematica certezza del nesso causale tra smartphone/social media e disagio psichico non autorizza a non prendersi cura del problema visto che gli iGen saranno tra pochissimo adulti inseriti nel mondo del lavoro e nella società.

Che cosa si può fare per limitare e danni senza svalutare o annullare i molti vantaggi che la digitalizzazione oggi comporta per tutti ?

Un primo importante passo è quello di rendere consapevoli del problema il maggior numero di persone possibili, di tutte le età, di tutti i livelli socio-economici. Probabilmente non sarà possibile e neanche giusto fare a meno di Google Maps per controllare il traffico sulla strada di casa, ma potrò evitare di controllare i like al mio ultimo post mentre raggiungo la mia auto al parcheggio sotto una pioggia battente ….

Gli amori cattivi cioè amore e odio nel narcisismo patologico

Gli amori cattivi cioè amore e odio nel narcisismo patologico

Perché a volte, direi spesso, le persone si “innamorano” di partner psicologicamente disagiati o decisamente affetti da narcisismo patologico ?

In queste situazioni è frequente sentir dire: “non riesco a resistere al suo fascino…” nonostante il partner sia inaffidabile e anaffettivo; questa attrazione irresistibile che vince su tutte le sofferenze e le frustrazioni sembra essere elemento essenziale per provare attrazione sessuale o mantenere vivo il desiderio o per accrescere il senso di onnipotenza. E’ il così detto fascino dell’amore che fugge.

Perché le persone hanno bisogno di riproporre relazioni malate e cercano partner anaffettivi, svalutanti, abusanti sia a livello psicologico che fisico ?

Chi cerca questa tipo di relazione è  spesso vittima di un’antica ferita abbandonica, quasi sempre inflitta da genitori narcisistici. La spinta inconsapevole è legata al desiderio inconscio di riparazione, un intento curativo: “io posso salvarti” e tanto più l’oggetto amato è inadeguato, sofferente, sfuggente, tanto più l’altro si ostina in modo cieco ed ossessivo a volerlo aiutare o comunque a tollerare i suoi comportamenti con l’inconsapevole aspettativa che arriverà la redenzione del partner e quindi l’eterna gratitudine.

Questo tipo di relazioni malate sono sbilanciate, con una parte nel ruolo di vittima e una nel ruolo di salvatore. Generalmente la vittima usa schemi masochistici e auto-distruttivi che le sono familiari; è qualcosa che si tramanda di generazione in generazione soprattutto quando si è abituati ad essere abusati psicologicamente. Il salvatore si rivela invece inaffidabile e manipolatore solo dopo che la persona è entrata in relazione con l’altro; infatti i narcisisti si mostrano come la donna o l’uomo ideale, per poi togliere la maschera quando sono certi di averlo/a conquistata. Tolta una maschera se ne indossa un’altra, ad esempio ci si scambia il ruolo con la vittima che diviene persecutore e il salvatore che diviene vittima.

I narcisisti sono dei simulatori raffinati e fingono su qualsiasi cosa: interesse, preoccupazione, amore, affidabilità, simpatia; sono dei predatori che si mimetizzano per confondersi con la natura e ingannare la preda. Alexander Lowen ( Il narcisismo, l’identità rinnegata, Feltrinelli, Bologna,1983), padre della bioenergetica, diceva che i narcisisti sono “simulatori per eccellenza”, poiché in realtà non posseggono una loro un’identità; la loro vera identità è stata rinnegata e non riconosciuta in tempi arcaici; vivono utilizzando un Falso Sé.

I partner narcisisti si incolpano a vicenda di non essere abbastanza presenti, abbastanza premurosi, abbastanza interessati; oppure si incolpano di chiedere eccessivamente in momenti per loro dolorosi; non è mai il momento giusto per ricevere o dare amore e qualsiasi tipo di preoccupazione (lavoro, malattia, etc) è buona per celare la loro incapacità di amare e per convincere il partner giorno dopo giorno che la colpa è sua.

Viviamo in una società narcisistica, basata su messaggi più o meno espliciti riguardo a successo, fama, felicità, potere mentre mancano i riferimenti alla morte, all’abbandono, alla perdita. E’ vietato essere fragili mentre mostrarsi forti e sicuri è indispensabile per poter essere riconosciuti. Per questo è spesso problematico determinare quali tratti indichino un disturbo di personalità narcisistico e quali tratti siano dei semplici adattamenti socio-culturali.

I narcisisti si comportano nelle relazioni come se vivessero con un nemico da controllare e gestire. Utilizzano la seduzione per invadere la sfera emotiva dell’altro rubando energia a tradimento e utilizzando ricatti affettivi. Il narcisista non vuole scoprire la sua ferita abbandonica e non vuole affrontare la sua rabbia primaria; la rabbia viene rivolta su se stesso oppure viene espressa nell’inconscio desiderio di distruggere quello che non riesce a essere.

Un bambino non è capace di disegnare come il suo amico e prova una profonda invidia; allora lo seduce mostrandosi amico e chiedendo di imparare a disegnare bene; subito dopo essere entrato in relazione, però, lo critica e lo distrugge proponendosi come superiore e migliore.

La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

La “Centerfold” syndrome ossia la corazza della mascolinità

Sto leggendo con molto piacere l’ultimo libro di Michele novellino: “I pronipoti di Adamo”, sottotitolo: le radici dell’amore ambivalente dell’uomo per la donna.

 

Pronipoti di Adamo - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

A pagina 38 mi imbatto nella “Centerfold syndrome” e subito mi scatta la curiosità tipica del mio Bambino di sapere cos’è; Novellino inizia il paragrafo così: “Brooks nel 1995 ha studiato l’origine e la rilevanza sociale ancora attuale dei messaggi che conducono il maschio a costruire la propria identità sessuale e, di conseguenza, la propria concezione della femmina e della”natura” del rapporto sessuale.” A questo punto capisco il tema ma non capisco il termine inglese centerfold. Provo con Google translate ma non c’è traduzione in italiano del termine inglese. Un semplice modo per capire il significato delle parole inglesi non traducibili è quello di cercare il termine su Google selezionando immagini: provate a farlo e probabilmente rimarrete, come sono rimasto io, a bocca aperta. Cercando le immagini in rete connesse alla parola inglese centerfold si ottengono esclusivamente pagine di copertina e pagine centrali di riviste pornografiche per uomini come ad esempio la famosissima rivista Playboy. Se invece la maggior parte di voi non rimane a bocca aperta perché già conosceva il significato della parola, sono io ad avere un importante buco cognitivo. In ogni caso, riprendo le riflessioni di Novellino e ve le propongo.

La stretta aderenza ad un codice maschile applicato alla sessualità crea spesso un importante disturbo del comportamento degli uomini (intendo dire dei maschi) sia nella sfera sessuale sia nella sfera relazionale ed emozionale. Questi maschi sentono la necessità impellente di desiderare donne fisicamente attraenti cosa che superficialmente può essere giudicata naturale ma che in profondità denuncia un pregiudizio e un ordine interno che costringe il maschio a conquistare, a competere con altri maschi nell’ottenere un corpo femminile aderente a standard estetici codificati. Molto spesso le donne sono pesantemente condizionate e per sentirsi attraenti si adeguano a questi standard. La nostra cultura contemporanea sostiene questo modello ed esalta l’apparenza fisica. La conquista del corpo femminile è più importante delle relazioni, del rispetto, delle emozioni. I pregiudizi socio-culturali relativi alla disparità tra uomo e donna, sono un aspetto centrale nella storia di questi maschi.

La sindrome è caratterizzata da cinque elementi principali:

  1. il Voyeurismo cioè l’eccessiva importanza dell’osservazione del corpo dell’altro. Purtroppo i media, e la comunicazione digitale (Social e Web) promuovono un modello relazionale fortemente basato sull’apparenza fisica. La componente visiva delle relazioni sessuali e dell’erotismo si è accresciuta in modo ipertrofico nell’era moderna generando una vera e propria ossessione di guardare i corpi femminili.
  2. Oggettificazione: il corpo femminile è considerato un oggetto e alle donne viene trasmesso il messaggio che la bellezza fisica è il mezzo più importante e irrinunciabile per essere riconosciute socialmente, per avere potere e libertà personale. E’ l’ossessione per l’apparenza e le donne perdono la loro vera personalità con maschi che investono in maniera feticistica su parti del corpo della donna.
  3. Bisogno di conferma: molti uomini vedono la sessualità come unico mezzo per confermare la propria virilità. Allo stesso tempo questi maschi ricercano in modo ossessivo evidenze oggettive del piacere femminile in quanto ciò fornisce una prova concreta della loro mascolinità; in qualche modo quindi il corpo della donna diviene un indicatore della adeguatezza maschile e i maschi diventano schiavi della sessualità non relazionale.
  4. Ricerca del trofeo: il corpo della donna è un trofeo da conquistare e da mostrare in quanto è la prova della propria adeguatezza e superiorità rispetto agli altri maschi
  5. Paura dell’intimità cioè un comportamento sessuale distaccato, in cui il maschio ha paura ad instaurare un contatto emotivo con l’altro diverso da sé. L’emotività è considerata una caratteristica femminile e i maschi vengono educati a nascondere debolezze e vulnerabilità. L’origine psicoemotiva di questa paura va ricercata nella pressione cui sono sottoposti i bambini a distanziarsi precocemente dal corpo della madre: questo genera un conflitto e un’impasse perenne con il corpo della donna, uno scontro costante tra il naturale bisogno di accudimento e la paura di essere umiliati. Questa paura dell’intimità ha quindi origine dalle relazioni emotive disfunzionali tra genitori e figli, che può essere definito come attaccamento disfunzionale.

I giovani maschi affetti dalla centerfold syndrome sono convinti che la virilità e strettamente dipendente dal numero di donne con cui si sono avuti rapporti sessuali; l’aggressività e la competitività sessuale dominano sulle relazioni intime, sull’empatia, sulle capacità di supportare gli altri. Alla fine questo tipo di sessualità aggressiva e dominante soffoca e sostituisce i bisogni profondi e veri. Ma il problema maggiore nasce dal fatto che molti adolescenti maschi, a livello inconscio, si sentono inadeguati e impotenti e sviluppano una forte rabbia per questo potere che le donne attribuiscono nel convalidare la propria mascolinità. Si tratta purtroppo di un disturbo narcisistico di personalità: il trofeo in realtà non gratifica e lascia delusi con la passione sostituita dalla vendetta.

Dal punto di vista psicodinamico è la riproduzione del rapporto antico con una madre seduttiva e abbandonica. Poiché ci si è distaccati precocemente dalla madre si rimane nella perenne impasse tra attrazione e paura. Questo bisogno irrisolto può essere mascherato e negato solo usando la corazza della mascolinità: si mostrano i muscoli, veri o simbolici, si negano le debolezze e si nascondono le fragilità. Se cerco di spingere una palla sotto il pelo dell’acqua, più la spinta sarà forte più la palla tenderà a rimbalzare verso l’alto e a colpirmi il viso !

Photo by Henry Hustava on Unsplash