Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Bambini abbandonati salvati dal cellulare

Si parla in questi giorni della nuova legge che obbliga all’uso dei seggiolini auto anti-abbandono per bambini fino a 4 anni. Per l’Italia non ci sono dati certi ma sembra che la numerosità sia circa 20 casi di abbandono dal 1988 ad oggi (con conseguenze variabili)

Ancora una volta la tecnologia digitale corre in aiuto del fattore umano: se il bambino viene dimenticato sul seggiolino in auto, una App dedicata emette un allarme acustico e visivo (ma potrebbe anche dire qualcosa) su un cellulare (di un genitore presumo) collegato al seggiolino.  Che succede se nel frattempo il cellulare si è sconnesso per qualche motivo dal seggiolino oppure viene dimenticato in macchina insieme al bambino ? Vengono inviati SMS di allarme con posizione GPS dell’auto a 3 numeri pre-impostati (Nonni ? Polizia ? Telefono azzurro ?).

Come ho scritto da sempre, non potrei più fare a meno del mio cellulare e non sono un fautore di battaglie anti-digitali preconfezionate. Ma pretendere di gestire uno dei più gravi atti mancati che si possa immaginare (negare un figlio !) solo con una App è l’ennesimo triste segnale che l’uomo sta perdendosi definitivamente.  Va bene l’App ma smettiamola di dire e scrivere che “capita di dimenticarsi un figlio” come le chiavi di casa o il portafoglio.

Credo nel determinismo psichico e cerco sempre di leggere gli atti mancati (dimenticanze, lapsus, scambi, etc) come segnali “in codice” di una parte profonda della nostra psiche.

La lettura Analitico Transazionale ci permette di vedere cosa può accadere nelle parti inconsce della nostra psiche. A volte, il Bambino della mamma o del papà entra in sofferenza per la presenza del bambino vero e si attiva in vario modo inviando messaggi non verbali molto potenti come quello di Non Esistere, ad esempio. “Non esistere” è l’ingiunzione più potente che lo Stato dell’Io Bambino del genitore può inviare al bambino vero.

Quando dimentichiamo un figlio piccolo totalmente dipendente da noi lo neghiamo, agiamo come se non esistesse. Lo facciamo scomparire.

Non sono concetti difficili da capire, forse difficili da accettare: questo vedo costantemente nella mia attività di educatore.

Rendiamo obbligatori i seggiolini anti abbandono (non parlo delle mie fantasie sul business creato dall’obbligatorietà) ma parliamo ed educhiamo i genitori a:

  • riconoscere queste dinamiche psichiche
  • diamogli il permesso di accettare la sofferenza del loro Bambino
  • insegniamo loro a prendersene cura usando su se stessi il Genitore Affettivo

Photo by Brett Jordan on Unsplash

Internet e i cervelli diversi: la memoria

Internet e i cervelli diversi: la memoria

Il cervello umano NON è come un computer.

Cioè: l’intelligenza umana è del tutto diversa da quella delle macchine.

Perché va ribadito, ricordato, diffuso

Larry Page ha fondato Google insieme a Sergej Brin. Egli pensa che il cervello umano non si limita ad essere simile a un computer: è un computer. Da questa considerazione ne nasce un’altra sempre molto cara a Google: l’intelligenza è equiparabile all’elaborazione dei dati e può essere ridotta ad una questione di produttività cioè di gestione del maggior numero di dati nel più breve tempo possibile. Se l’intelligenza umana funziona in questo modo, è indistinguibile da quella dei computer.

Per questo motivo Google è stato dichiarato come una forma embrionale di intelligenza artificiale: nel 2003 Page ha sostenuto che il motore di ricerca finale sarà più intelligente di una persona. Alla base di questa concezione c’è la visione tayloristica secondo la quale l’intelligenza è il risultato di un processo meccanico cioè di una serie di passaggi definiti, isolabili, misurabili e ottimizzati. Quindi il cervello umano è un computer non aggiornato che avrebbe bisogno di un processore più veloce, di un disco fisso più capiente e di algoritmi efficienti per governare il corso dei pensieri. Fortunatamente la realtà è diversa dalle magiche e commerciali aspettative di Google.

Nicholas Carr ci spiega perché.

Erasmo da Rotterdam nel 1512 mette in evidenza la relazione tra memoria e lettura e sostiene che la memoria non è soltanto uno strumento per l’archiviazione di dati nel cervello ma il primo step di un processo di sintesi che porta alla comprensione profonda e personale di quanto si legge; d’accordo con Seneca, Erasmo sostiene che la memoria è un crogiuolo oltre che un contenitore cioè qualcosa di più della semplice somma dei ricordi. Il che equivale a dire che c’è un collegamento stretto tra memoria e intelligenza. Tenendo ben presente questo concetto è importante considerare quello che è successo quando si sono diffusi i nuovi media che hanno ampliato in modo significativo l’entità e la disponibilità delle memorie artificiali. La disponibilità in rete di banche dati sconfinate e facilmente accessibili ha fatto ritenere sempre meno essenziale o addirittura inutile l’utilizzo della memoria umana. La rete è diventata un sostituto, e non soltanto un’integrazione, della memoria umana, una sorta di cervello fuoribordo.  Il vecchio detto ”L’arte del ricordo è l’arte del pensiero” sembra un concetto fuori moda e inutile e la memoria non è più una cosa umana. Avendo inoltre pienamente accettato la metafora del cervello come computer, cioè la memoria biologica funzionante come un disco fisso, scaricare l’incombenza della memoria sulla rete non è soltanto possibile ma liberatorio. Abbiamo così a disposizione una memoria molto più capiente e possiamo liberare spazio nel nostro cervello per operazioni più significative e umane. Ma il problema è che questa concezione della memoria è sbagliata.

Per comprendere il perché la memoria biologica è completamente diversa da quella informatica sia in termini di struttura che in termini di funzionamento, è importante sapere cosa succede quando un ricordo di breve periodo diventa un ricordo stabile e di lungo periodo. I ricordi primari svaniscono dalla mente poco dopo l’evento che gli ha suscitati mentre invece i ricordi secondari possono anche essere mantenuti nel cervello per un tempo indefinito.

I ricordi si fissano nel cervello dopo un certo tempo, circa un’ora, e qualsiasi elemento disturbante, un colpo la testa o una semplice distrazione, può eliminare il ricordo nascente e impedire che si trasformi in un ricordo di lungo periodo.

I ricordi a lungo termine non sono soltanto una versione rafforzata di quelli a breve periodo poichè la loro formazione richiede la sintesi di nuove proteine cosa non richiesta per la formazione di ricordi a breve termine in cui è richiesto soltanto un cambiamento della funzione di sinapsi già esistenti. Queste nuove proteine sono necessarie per lo sviluppo di nuove sinapsi. La formazione dei ricordi a lungo termine, quindi, non comporta solo fenomeni biochimici ma anche cambiamenti anatomici. Questo fatto è coerente con il dato che il numero di sinapsi del cervello non è prefissato bensì si modifica con l’apprendimento. La sintesi di nuove proteine e la creazione di nuove sinapsi indica che per dare origine alla memoria a lungo termine debbano essere attivati dei nuovi codici genetici; anche questo dato è coerente con il fatto che il patrimonio genetico non è soltanto un determinante per il comportamento ma risponde anche alle stimolazioni ambientali come l’apprendimento.

Questi aspetti della memoria umana sono quindi governati da segnali biologici, chimici, elettrici e genetici ad alta variabilità e dotati di una quantità di sfumature infinita. Le memorie digitali invece sono costituite da bit binari elaborati con circuiti prestabiliti che possono essere aperti o chiusi e che non ammettono nulla di intermedio tra queste due opzioni. Questa è l’enorme differenza fra la memoria biologica e quella digitale: la memoria biologica è viva in quanto in grado di produrre nuovo materiale biologico anatomicamente e funzionalmente attivo; la memoria digitale prende la forma di codici statici che possono essere trasferiti da un dispositivo all’altro anche per un numero infinito di volte ma rimangono sempre esattamente identici.

Diversamente dal computer il cervello umano sano non raggiunge mai un punto in cui le esperienze non possono più essere archiviate nella memoria: in questo senso il cervello non è mai pieno e l’aumento del nostro personale bagaglio di ricordi comporta anche un aumento della nostra intelligenza.

Photo by Markus Spiske on Unsplash (modified)

Internet e i cervelli diversi: la lettura

Internet e i cervelli diversi: la lettura

Quando leggiamo sullo schermo siamo più veloci che mai ma non veniamo più guidati verso la comprensione profonda e personale delle sfumature del testo; grattiamo la superficie cercando qualche contenuto rilevante e tralasciamo il lento scavare dentro il significato.

  • Internet ci rende stupidi ?
  • Nicholas Carr, Raffaello Cortina Editore, 2011

Photo by James Tarbotton on Unsplash

Essere OK nell’era delle App

Essere OK nell’era delle App

Si può superare il paradosso comunicativo delle relazioni digitali; costruire salute nel cambiamento tecnologico; conoscere ed evitare gli effetti collaterali dannosi di Internet e dei Social Media. Noi ci crediamo

Evento gratuito previa registrazione utilizzando questo link:

17 Maggio 2019, Performat Salute Roma, 18.00 19.30

Download materiale Congresso Performat, Pisa 13 Aprile 2019

Settimana del cervello 2019

Settimana del cervello 2019

Settimana del cervello 2019

11-15 marzo 2019

La Settimana del Cervello (Brain Awareness Week) è una celebrazione fuori dal comune e dagli schemi. La sfida globale lanciata dalla Dana Alliance for Brain Initiatives dà l’opportunità di concentrare l’attenzione sulle scienze del cervello e sull’importanza della ricerca in questo ambito.

Performat Salute partecipa con due talks di Anna Emanuela Tangolo e Alessandro Barelli sul tema del disagio psichico nell’era digitale.

Relazioni digitali: paradosso comunicativo, Alessandro Barelli, 2019

Attaccamento e ansia nell’era digitale, Anna Emanuela Tangolo, 2019

Le due sessioni dal titolo: “Cervello e mindfulness, quale salute per cervelli troppo connessi ?” svoltesi sia a Spoleto che a Perugia, hanno riscosso un importante successo sia in termini di partecipazione numerica che di riscontri e interazione da parte dei presenti. Gestire le relazioni e capire i malesseri psichici nell’era delle app, è argomento molto sentito e che attiva riflessioni importanti.

Malessere digitale - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

Malessere digitale - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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Malessere digitale - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

i-Pathology: la salute mentale degli i-Gen

Ci piacerebbe tornare indietro ai bei vecchi tempi quando mamma ci cantava la ninna nanna: ora siamo stressati

Così recita la canzone Stressed Out dei Twenty One Pilots che è stata al secondo posto della Top 100 di Billboard per il 2015 e il video ha avuto più di 800.000.000 di visualizzazioni su YouTube. Una studentessa della Asbury University ha scritto che nella canzone “c’è scritto per filo e per segno quello che pensiamo…ci ha preso veramente”. Nel video, il cantante Tyler Joseph ha il collo e le mani dipinti di nero che definisce una metafora dello stress, una specie di senso di soffocamento. Vedere nero…depressione !

Chi sono gli i-Gen ?

I” sta per Internet e “Gen” sta per Generation. I nati tra il 1995 e il 2012 sono cresciuti con il cellulare in mano, sono su Instagram da quando andavano alle scuole medie e non hanno ricordi di un mondo senza Internet. Il potere assoluto che lo smartphone ha su questa generazione ha delle conseguenze in ogni ambito della loro vita, dalle interazioni sociali alla salute mentale. Sono la prima generazione ad aver sempre avuto internet a portata di mano. Di fatto gli i-Gen sono gli adolescenti, i teenager. Questa generazione è modellata oltre che dal progresso tecnologico anche da altri fattori come in individualismo e l’ineguaglianza di reddito. Gli i-Gen si distinguono dalle generazioni precedenti per il loro modo di impiegare il tempo, per quello che pensano e come si comportano riguardo alla religione, sesso, alla politica. Socializzano in modo completamente nuovo, respingono tabù sociali un tempo inviolabili, hanno aspirazioni di vita completamente diverse. Sono ossessionati dal tema della sicurezza, sono molto preoccupati per il loro futuro economico e sono contrari a qualsiasi discriminazione sessuale, razziale, e di orientamento sessuale.

A questo si deve aggiungere purtroppo che sono anche in prima linea nella peggiore epidemia di disturbi psichici degli ultimi decenni che dal 2011 a oggi ha visto un incremento significativo sia dei casi di depressione che di quelli di suicidio tra gli adolescenti. Gli i-Gen costituiscono la più grave emergenza di salute psicologica giovanile degli ultimi decenni.

Tutto (non) è meraviglioso, la positività implacabile cede il passo

Internet e la società in generale promuovono oggi una positività senza pausa. I social media sono concentrati esclusivamente sui momenti felici, nei selfie tutti sorridono. Questa positività implacabile ha le sue origini in una tendenza già presente nelle generazioni precedenti basata sul crescente individualismo e le persone molto più concentrate su se stesse che sulle norme sociali. L’individualismo è dietro ai cambiamenti culturali fondamentali degli ultimi decenni sia quelli considerati positivi (l’affermazione dei pari diritti indipendentemente dalle etnie, dal genere e dall’orientamento sessuale) sia quelli considerati negativi come la convinzione che tutto sia dovuto. L’individualismo incoraggia a sentirsi soddisfatti di se stessi e non per quanto si dovrebbe ma al di là del legittimo. La visione positiva di se stessi è un marchio delle culture individualistiche che incoraggiano l’autopromozione e l’autostima. Questa marea individualista è montata negli anni 90,e nel 2000  la generazione precedente gli I-gen, cioè i nati tra il 1980 e il 1994 (I cosiddetti Millennial), ha rapidamente guadagnato la reputazione di una generazione troppo sicura e con aspettative troppo alte e irrealistiche causate dall’eccesso di autostima e dal narcisismo. Con gli i-Gen questa tendenza si è invertita e lo smisurato egocentrismo di certi Millennial cede il passo alle modeste aspettative degli iGen. Gli i-Gen sono meno felici e il crollo della soddisfazione di vita ha spazzato via in pochi anni oltre due decenni di ottimismo esasperato.

ipathology - Alessandro Barelli Psicoterapeuta - okness.it

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FOMO (??): una nuova sindrome fobico-depressiva ?

Così gli iGen chiamano la sensazione di “stare perdendo qualcosa”: Fear Of Missing Out. Gli adolescenti una volta sapevano degli avvenimenti sociali dalle relazioni in presenza, a scuola, per sentito dire; ora possono vedere subito le immagini di quello che si stanno perdendo. Una vera propria ricetta per la solitudine.

Il paradosso consiste nel fatto che la comunicazione digitale permette di essere in contatto anche se fisicamente distanti: scambi continui di foto e messaggi, tutti sanno quello che si sta facendo, in tempo reale. Eppure gli iGen si sentono più soli delle generazioni precedenti: un vero e proprio paradosso del digitale: la percentuale di 13-14enni e 15-16enni che si sentono soli è aumentata del 31 % dal 2011 al 2015, un cambiamento colossale in appena 4 anni !! E nell’età del FOMO gli adolescenti si sentono più esclusi. Ma da cosa è causato tutto ciò ?

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Meccanismi dannosi legati alla comunicazione digitale

Con quali meccanismi i social media hanno un ruolo nell’insorgere di disturbi depressivi ? La maggioranza dei post pubblicati nei social riguarda successi e notizie positive; ciò causa un senso di inadeguatezza e di fallimento a causa della falsa percezione che gli amici in rete sono perfetti e non sbagliano mai. Questa falsa percezione sarebbe facilmente smantellata trascorrendo più tempo fisico con gli amici in modo da capire che tutti sbagliano e che tutti possono avere momenti negativi e infelici. “sei sempre lì a sentire le cose meravigliose che fa la gente in rete e ogni volta mi chiedo: e io cosa sto facendo ? Che cosa dovrei fare ? Sono alla loro altezza ?”

Un altro meccanismo è quello della delusione di non ricevere risposte immediate o abbastanza like. Lo stress di sapere che è il tuo messaggio è stato ricevuto e visto ma che non ottiene risposta: domande del tipo: “esisto ?”, “sono viva ?” si fanno avanti di fronte all’assenza di risposta.

Infine l’ossessione del selfie perfetto contagia ormai in modo diffuso soprattutto, ancora una volta, le ragazze; questa mania ha amplificato le alterazioni dell’immagine corporea di ragazze che a caccia di like scattano centinaia di foto prima di ottenere quella giusta ma alla fine sono comunque insoddisfatte.

iPathology: anche depressione maggiore e suicidio ?

L’aumento di sensazioni come la solitudine, la depressione e l’ansia è stato accompagnato anche da aumento della depressione diagnosticabile ed il suo esito estremo, il suicidio ? Lo studio Nazionale americano su abuso di droga e salute condotto dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti, testimonia una sconvolgente impennata della depressione in un breve arco di tempo: gli adolescenti che hanno avuto un episodio depressivo maggiore nel 2015 sono aumentati del 56% rispetto al 2010.

E poiché la depressione maggiore, soprattutto nei casi gravi, è un fattore di rischio di suicidio, il tasso di suicidi tra gli adolescenti, dopo un calo alla fine degli anni 90, si è di nuovo alzato.

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iPathology: malattie da smartphone o ci sono altre cause ?

Cambiamenti così grandi e repentini devono avere una causa specifica dall’impatto notevole. La corrispondenza temporale tra iGen e uso di smartphone e social media è chiara. La comunicazione digitale causa solitudine e senso di esclusione o è vero il contrario, chi si sente solo usa di più smartphone e social media ? In realtà, il repentino aumento del senso di solitudine rende più probabile che l’uso dello smartphone abbia indotto l’aumento del senso di solitudine e di esclusione piuttosto che il contrario. Se la solitudine induce ad usare di più lo smartphone, l’improvviso aumento del senso di solitudine senza ragioni avrebbe causato un aumento parallelo della popolarità dello smartphone che non si è verificato. L’ipotesi più probabile, quindi, è che si sia verificato prima il successo degli smartphone, che a sua volta ha causato un aumento del tempo schermo, che a sua volta ha determinato una crescita del senso di solitudine tra gli adolescenti.

Un altro fattore che potrebbe aver avuto influenza sulla brusca impennata di depressione tra i teenager è la grande recessione degli anni 2007-2009. Ma, pur essendosi presentata all’improvviso, i tempi non coincidono; infatti, la disoccupazione, uno dei migliori indicatori degli effetti dell’economia sulle persone, ha raggiunto l’apice nel 2010 per poi diminuire: la depressione ha avuto un andamento opposto, rimanendo stabile fino al 2012 per poi aumentare. Al contrario, gli smartphone sono diventati, nello stesso periodo, sempre più popolari.

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L’incremento del senso di solitudine è stato particolarmente evidente nelle ragazze: le ragazze usano più spesso i social media E quindi hanno più occasioni di sentirsi escluse e sole quando vedono che amici e compagni di classe si incontrano senza di loro. Infine i social media sono un veicolo perfetto per le aggressioni verbali che le ragazze preferiscono. Le femmine corrono un rischio doppio rispetto ai maschi di subire cyberbullismo.

Negli ultimi anni il numero di adolescenti che concordano con la affermazione ”La mia vita non è utile” è aumentato in modo esponenziale; parallelamente è diminuito il consenso all’affermazione ”amo la vita come chiunque”. Come per il senso di solitudine e di esclusione, anche questi indicatori di depressione sono più comuni tra le ragazze che come sappiamo passano più tempo dei maschi sui social media.

Un altro fattore che potrebbe causare problemi di salute mentale tra gli adolescenti è la pressione scolastica. Un buon indicatore di pressione scolastica è il tempo usato per i compiti a casa: questo tempo non è molto cambiato rispetto ai decenni precedenti e gli studenti che dedicano più tempo ai compiti a casa hanno un rischio relativo di sintomi di depressione grave negativo.

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Per poter dire che l’aumento dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti è legato alla comunicazione digitale sono necessari due test: la causa deve essere correlabile in modo affidabile e sensato e il cambiamento deve essere avvenuto nello stesso lasso di tempo e nella direzione congruente. Le uniche tre attività che superano ampiamente entrambi i test sono:

  • tempo-schermo (correlazione positiva)
  • interazione sociale (correlazione negativa)
  • carta stampata (correlazione negativa)

Il tutto riporta in un modo o nell’altro al tempo trascorso davanti ad uno schermo con i nuovi media.

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Smartphone e sonno

Un ultimo sguardo allo schermo prima di dormire ? Non riuscire a staccarsi neanche di notte dallo smartphone, nasconderlo sotto le coperte per non essere ripresi dai genitori, dormire meno di sette ore per notte quando ce ne vorrebbero nove, alzarsi la mattina già stanchi.

Negli ultimi anni, la percentuale di adolescenti deprivati del sonno è cresciuta in modo esponenziale; anche questa volta in quasi perfetta concomitanza con l’aumento di popolarità e uso dello smartphone. E ancora una volta il tempo-schermo è direttamente correlato, più di altri fattori, al rischio di insonnia.

La carenza di sonno produce danni sia al corpo che alla mente e la depressione potrebbe riconoscere anche questa concausa.

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Che cosa si può fare ?

L’assenza di matematica certezza del nesso causale tra smartphone/social media e disagio psichico non autorizza a non prendersi cura del problema visto che gli iGen saranno tra pochissimo adulti inseriti nel mondo del lavoro e nella società.

Che cosa si può fare per limitare e danni senza svalutare o annullare i molti vantaggi che la digitalizzazione oggi comporta per tutti ?

Un primo importante passo è quello di rendere consapevoli del problema il maggior numero di persone possibili, di tutte le età, di tutti i livelli socio-economici. Probabilmente non sarà possibile e neanche giusto fare a meno di Google Maps per controllare il traffico sulla strada di casa, ma potrò evitare di controllare i like al mio ultimo post mentre raggiungo la mia auto al parcheggio sotto una pioggia battente ….

Dimmi come usi il cellulare e ti dirò chi sei

Dimmi come usi il cellulare e ti dirò chi sei

Il modo di comunicare e di relazionarsi condiziona da sempre il successo di una relazione sentimentale. Le similitudini di valori e attitudini nella comunicazione giocano infatti un ruolo primario per la soddisfazione del rapporto. Livelli simili nella coppia di capacità di supporto, di conforto, di gestione dei conflitti e intelligenza emotiva predicono un buon livello di soddisfazione della relazione.

Uno studio recentissimo comparso su Computers in human behavior  evidenza che il successo delle relazioni sentimentali è prevedibile e correlato ad alcuni aspetti dei messaggi digitali inviati con lo Smartphone come la frequenza dei messaggi, il modo di salutare, la velocità di risposta. Quando la coppia percepisce similitudini in questi parametri sembra che le probabilità di una relazione duratura e felice aumentino.

L’uso dei messaggi digitali è una realtà pervasiva della nostra società; il 98 % dei giovani americani (18-29 anni) possiede uno Smartphone, il 79 % dei possessori di Smartphone usa i messaggi, gli studenti prima della laurea spendono in media 90 minuti al giorno leggendo e inviando messaggi. Quindi c’era da aspettarsi che anche il successo di coppia sia ormai affidato a come usiamo il cellulare.

A rendere la cosa ancora più significativa, o inquietante, c’è il dato che le somiglianze nel messaggiare influenzano la “prognosi” della coppia al di là di altre variabili fondamentali come gli stili di attaccamento, il sesso e la durata della relazione. Per fortuna lo studio ha delle importanti limitazioni data la preponderanza di donne e di persone eterosessuali.

Insomma dipendiamo sempre di più dal cellulare e dal web e la “relazione” con il cellulare è diventata primaria e insostituibile; è sufficiente dare uno sguardo sui tavoli di un ristorante e vedere ognuno con la sua “arma” appoggiata sul tavolo pronta per essere usata.

E a proposito di stili di attaccamento…quanto siamo attaccati al nostro cellulare ? quanto dipendiamo dal cellulare ? L’attaccamento al cellulare riflette il nostro stile di attaccamento e sostituisce la coperta di Linus ? Più che predire il successo di un rapporto amoroso, l’uso che facciamo del nostro telefonino parla di noi e può aiutare a capire gli altri.

Ringraziamenti: Luca Sancricca per un suo recente post su LinkedIn che ha stimolato queste riflessioni

Follia digitale

Follia digitale

La follia si insinua nel mondo digitale, lo pervade, lo conquista, lo manipola. E dal digitale ritorna alla mente umana che non smette di meravigliarsi di fronte all’ennesimo abuso della comunicazione digitale.“Se lo smartphone ti cura la mente: App e algoritmi aiutano gli psichiatri” così recita un articolo comparso il 3 Ottobre in rete e rilanciato nei social. (https://goo.gl/3vuuuB) Leggo cose del tipo:

Se la notte non dormi perchè la mente soffre, tieni il computer sempre aperto sull’applicazione, siediti davanti allo schermo e lancia l’app: puoi capire meglio le tue emozioni.

Sono in terapia con uno smartphone

Uso l’app e posso aprire cassetti chiusi della mia mente senza sentirmi giudicata

Dopo aver letto l’articolo sento forte il bisogno di postare qualcosa per commentare l’ultimo delirio del mondo digitale. Uso smartphone, tablet e PC ogni giorno e sono molto presente nella rete ma sostengo e difendo la peculiarità e la non sostituibilità del fattore umano. Pensare di essere “curati” nella mente da una app è delirio. La mente umana può essere curata in molti modi e credo che le relazioni siano il più potente strumento terapeutico che gli umani posseggono.

C’è bisogno di contenere la follia digitale dilagante e che rischia di annientare la razza umana. Leggete: “Baciami senza rete” di Paolo Crepet e scoprirete di più.